Comuni siciliani sull’orlo del crac: è rivolta contro i tagli delle risorse

I tagli nei trasferimenti agli enti locali costringeranno i Sindaci, specie quelli dei piccoli centri, a “portare i libri in tribunale”, a decretare il fallimento dei rispettivi Comuni e a eliminare i servizi per la cittadinanza. Proprio per denunciare una condizione che sembra ineluttabile, ormai, i Sindaci dei 201 Comuni siciliani con popolazione fino a 5.ooo abitanti, hanno annunciato iniziative di protesta clamorose.

La decisione è giunta al termine di un’assemblea regionale dei piccoli Comuni dell’Anc incentrata proprio sulla difficile situazione finanziaria dei piccoli centri a seguito del taglio dei trasferimenti regionali deciso con l’articolo 15, della legge regionale 15 maggio 2013, n. 9.

E’ stato redatto un documento, che sarà mandato al Governo della Regione, nel quale si sancisce l’avvio di una mobilitazione generale e si chiede al governatore di anticipare l’incontro già fissato per il 1° agosto, allargandolo al presidente dell’Ars e ai capigruppo parlamentari.

Intanto, il gesto clamoroso, i piccoli comuni manderanno i propri bilanci alla Regione e allo Stato per dimostrare quali conseguenze disastrose stanno provocando i tagli della Regione, uniti a quelli decisi a Roma. 

A puntare il dito contro le scelte del Governo regionale era stato, già nelle settimane scorse, anche l’ufficio di presidenza dell’Anci. Paolo Amenta e Mario Emanuele Alvano, rispettivamente vicepresidente vicario e segretario generale dell’AnciSicilia avevano rimarcato come “al di là del fatto che i comuni in questione non sono in grado di chiudere i bilanci il silenzio della Regione in merito a questo problema, rappresenti anche un pericolo sostanziale per la loro autonomia e per preservare la loro identità. Inoltre, continuiamo a sostenere che è più che mai necessario favorire, con strumenti concreti e adeguati, le gestioni associate dei servizi”.

All’assemblea era presente anche Bernadette Grasso, vice capogruppo all’Ars di Grande Sud-Pid, secondo la quale “tagliare le risorse agli enti locali dai 124 milioni di euro del 2012 ai 56 milioni per il 2013 è un errore clamoroso di politica finanziaria del governo Crocetta. Una decurtazione così drastica porterà alla cancellazione di numerosi servizi essenziali destinati alle famiglie e alle categorie più in difficoltà. Inoltre, la soppressione di alcune riserve sarà la causa del fallimento dei comuni”.

Uno dei nodi che aggravano le conseguenze dei tagli del Governo regionale è per la deputata di Grande sud “l’applicazione del patto interno di stabilità anche per i comuni con meno di 5000 abitanti, che ha paralizzato tutte le piccole amministrazioni, anche quelle virtuose. Un taglio di risorse di circa il 50 per cento è un atto irresponsabile, che conferma, da una parte la leggerezza del governo regionale, dall’altra la mancanza di una politica di rilancio degli enti locali, necessaria a generare politiche di sviluppo”.

Bernadette Grasso sembra proporre ora all’Anci l’importanza di un fronte comune, che prenda anche la forma di atti parlamentari e legislativi per scuotere l’inerzia del governo, come si sarebbe già dovuto fare in occasione dell’approvazione del bilancio regionale: “Se in sede di approvazione dello strumento economico – dice la Grasso – ci fosse stata una battaglia sinergica tra Comuni e Parlamento, al di là del colore politico, così come Grande Sud da mesi aveva sollecitato attraverso emendamenti, forse oggi i comuni non sarebbero arrivati al dissesto finanziario”.

“Il Governo regionale – ha concluso la parlamentare – deve ridare dignità agli enti locali e, prima che sia troppo tardi, è necessario che gli addetti ai lavori si mettano all’opera e correggano le anomalie. Diversamente, il 2013 consegnerà il fallimento di molti comuni, preposti a rappresentare in trincea le istituzioni”.


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I tagli nei trasferimenti agli enti locali costringeranno i sindaci, specie quelli dei piccoli centri, a “portare i libri in tribunale”, a decretare il fallimento dei rispettivi comuni e a eliminare i servizi per la cittadinanza. Proprio per denunciare una condizione che sembra ineluttabile, ormai, i sindaci dei 201 comuni siciliani con popolazione fino a 5. Ooo abitanti, hanno annunciato iniziative di protesta clamorose.

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