Due volontarie gestiscono uno sportello dove offrono orientamento professionale agli extracomunitari. Cercano di incrociare la domanda e l'offerta lavorativa, istruendo i richiedenti su come affrontare un colloquio di lavoro e facendo da intermediari con i datori di lavoro
Come trovano impiego migranti e rifugiati Il lavoro del Centro Astalli per l’integrazione
Vivian, racconta Laura – un’operatrice del Centro Astalli -, è una giovane mamma ivoriana, arrivata a Palermo qualche anno fa. Cercava un lavoro, è stata messa in contatto con una signora anziana che, dopo qualche perplessità, l’ha assunta come badante. Una storia comune, che però è continuata in modo bellissimo: perché non solo la ragazza ha trovato la stabilità che cercava, ma anche la signora, che viveva da sola, ha ricevuto un’inaspettata scarica di vita, ritrovandosi all’improvviso nonna alla bambina di Vivian.
È solo una delle storie che si intrecciano tra telefonate, annunci e fogli, tra domande in italiano, in inglese e in francese, nelle stanze del Centro Astalli, dove due volte alla settimana due volontarie, Laura e Giulia, gestiscono uno sportello lavoro per migranti, svolgendo un’attività di orientamento professionale e cercando di incrociare la domanda con un’offerta che c’è, nonostante i tempi difficili.
Il Centro Astalli è un’associazione di volontariato che offre a immigrati extracomunitari, rifugiati e richiedenti asilo tutta una serie di servizi di prima e di seconda accoglienza: una scuola d’italiano, un servizio docce, un banco alimentare, un servizio di orientamento legale. Insomma, un aiuto indispensabile per chi è arrivato da poco, ma anche per chi è qui già da qualche tempo, e sta provando a ricostruirsi un’esistenza normale. E questo, per gente che molte volte ha una famiglia da aiutare nel paese d’origine, significa innanzitutto un lavoro.
Chiunque sia in cerca una figura professionale, una badante, una colf, un giardiniere, un cuoco, un autista, può contattare lo sportello lavoro del centro: qui le ragazze fanno da intermediarie e mettono in contatto i datori di lavoro con le persone selezionate tra le decine che passano per lo sportello.
Sono tutti migranti extracomunitari, vengono per lo più dalla Costa d’Avorio, dal Ghana, dalla Nigeria, dal Bangladesh, meno frequentemente dal Marocco e dalla Tunisia. Sono sia uomini che donne, ma trovare un lavoro alle donne, mi spiega Laura, «è più facile. Perché le figure richieste sono soprattutto colf, badanti e babysitter, e la gente preferisce assumere una donna».
Nelle stanze del centro tra le volontarie e l’utente si svolge innanzitutto un colloquio preventivo. Le ragazze prendono nota della formazione di ciascuno e delle esperienze lavorative, in Italia e all’estero. Dietro alla scrivania di volta in volta passano persone con percorsi formativi tanto diversi tra loro quanto le storie personali che li hanno portati a Palermo: «alcuni sono poco scolarizzati, altri hanno un livello di istruzione anche molto alto. Ci sono laureati, e persone con una notevole esperienza professionale. Tanti parlano più di due lingue. Un bacino di risorse e competenze enorme, che spesso viene sprecato. Perché il pregiudizio verso i migranti è forte, e la conversione dei titoli di studio costa cara».
Si dà la priorità alle persone con permesso di soggiorno vicino alla data di scadenza: trovare un lavoro, per loro, è la condizione essenziale per poterlo rinnovare. Fra le domande del colloquio ci sono quelle classiche, se hanno referenze, che lingue parlano e tipo di lavoro preferirebbero svolgere, se hanno la patente di guida. E altre meno scontate: «chiediamo anche se hanno paura degli animali, se cucinano italiano, o se sanno nuotare. E non è facile trovare gente che viene dall’Africa subsahariana che sappia nuotare». Non sono dettagli inutili: non, ad esempio, se una famiglia è in cerca di una babysitter per portare al mare i bambini.
Si aiutano i migranti nella stesura dei loro curriculum, e si insegnano loro le formalità tipiche di un colloquio di lavoro italiano, che spesso non coincidono con quelle dei paesi d’origine. «Ad esempio il guardare negli occhi l’interlocutore», continua Laura. In alcuni paesi, fissare una persona dello stesso sesso è una sfida, una persona di sesso opposto una provocazione.
Le informazioni raccolte entrano a far parte del database dello sportello lavoro. Un archivio dati che si arricchisce con i feedback lasciati dai datori di lavoro, che potranno essere utili ai migranti per avere nuove opportunità in futuro. Nelle stanze del Centro Astalli, due volte alla settimana, due volontarie cercano di incrociare le strade di persone che vengono da posti e culture lontanissime tra loro. Fili sottili che annodano pazientemente, giorno dopo giorno, per restituire a gente venuta da lontano la possibilità di costruirsi un’esistenza nuova.