Concluso un filone dell'inchiesta I treni del gol. La procura etnea ha chiesto di mandare a processo gli ex dirigenti Antonino Pulvirenti, Daniele Delli Carri e Pablo Cosentino. Il tribunale di Milano nei giorni scorsi ha revocato a quest'ultimo il divieto di espatrio. L'ex amministratore è già volato in Sudamerica
Combine Catania, chiesti 7 rinvii a giudizio Revocato divieto di espatrio a Cosentino
Un primo filone delle indagini che riguardano l’inchiesta I treni del gol – lo scandalo esploso a giugno su un giro di partite di serie B che sarebbero state combinate – si è concluso. Sono sette gli indagati, come riporta l’Ansa, per i quali il pubblico ministero Alessandro Sorrentino ha chiesto il rinvio a giudizio. Si tratta di Antonino Pulvirenti, ex presidente e attuale proprietario del Calcio Catania, Pablo Cosentino e Daniele Delli Carri, rispettivamente ex amministratore delegato ed ex direttore sportivo del club; oltre che di Gianluca Impellizzeri, gestore di alcuni centri scommesse nel Catanese, e dei procuratori Fernando Arbotti, Piero Di Luzio e Fabrizio Milozzi.
L’accusa è per tutti di associazione a delinquere e frode sportiva. Tocca adesso al giudice per le indagini preliminari – che non è stato ancora designato dal presidente dei gip, Nunzio Sarpietro – fissare l’udienza in cui si deciderà se accogliere o rigettare le richieste di rinvio a giudizio. Nei giorni scorsi le misure cautelari a carico di alcuni degli indagati erano state alleggerite. Il tribunale di Milano aveva deciso la revoca del divieto di espatrio imposto a Cosentino – soggetto all’obbligo di firma per quattro volte a settimana, nella città lombarda – che sarebbe già tornato in Sudamerica. Mentre la corte di Cassazione aveva annullato l’arresto di Arbotti. Il procedimento sportivo invece – avviato sulle carte degli investigatori catanesi – ha già portato in appello all’inibizione per cinque anni di Pulvirenti, per quattro anni di Cosentino e alla retrocessione del club dalla serie B alla Lega pro con ulteriore penalizzazione di nove punti in classifica. Sulle ultime due condanne – le sole per le quali è stato presentato ricorso – domani si esprimerà il Collegio di garanzia del Coni, terzo grado della giustizia sportiva. Per cinque anni Pulvirenti e Cosentino non potranno inoltre entrare in nessuno stadio perché sottoposti a Daspo.
Le indagini della Digos erano scattate sulla base di alcune intercettazioni telefoniche, ricavate dal cellulare dell’ex presidente Antonino Pulvirenti. L’apparecchio sarebbe stato messo sotto controllo a seguito della denuncia fatta dallo stesso dopo aver subito alcune minacce. Dopo le accuse e gli arresti l’ex numero uno del Calcio Catania aveva ammesso le sue responsabilità nel corso del lungo interrogatorio di garanzia in cui è stato il protagonista assoluto. «Ho comprato cinque partite a centomila euro ciascuna. Tutto è iniziato con l’incontro tra Varese e Catania – questi i termini con cui si è rivolto al giudice Fabio Digiacomo – ma se l’ho fatto è stato solo perché volevo salvare il Catania». Un faccia a faccia durato oltre un’ora in cui però è arrivato anche il respingimento di ogni accusa sul presunto giro di scommesse che avrebbe affiancato ogni combine dell’ultimo campionato di calcio. «Ha detto di aver comprato e mai scommesso», continua Salvi rivolgendosi ai giornalisti. «Pulvirenti ha ammesso di aver avuto dei contatti con altri soggetti al fine di condizionare il risultato di alcuni incontri e ciò al fine di salvare dalla retrocessione il Catania – precisano poco dopo i suoi legali in una nota – Ha tuttavia manifestato la convinzione, anche alla luce della lettura degli atti, che tali contatti non abbiano avuto nessuna reale incidenza sull’esito degli incontri in questione».
Per il reato di frode in competizioni sportive il rischio è la reclusione da due a sei anni più una multa che va da mille a quattromila euro. Inoltre, secondo le disposizione di legge, se il risultato della competizione «fosse influente ai fini dello svolgimento di concorsi, pronostici e scommesse regolarmente esercitati, la pena della reclusione è aumentata fino alla metà, e si applica una multa da diecimila a centomila euro».