Un'intervista de La Sicilia al neo comandante provinciale dei Carabinieri etnei diventa una visita ufficiale, con tanto di foto di gruppo sul giornale. Un evento che «ha provocato in tutti noi un forte senso di disagio», spiegano gli avvocati dell'osservatorio dei diritti in una lettera al comando generale dell'arma sottoscritta da più di cento catanesi in meno di 24 ore. Perché il direttore ed editore della testata è lo stesso sotto indagine per concorso esterno in associazione mafiosa. «Indagini compiute anche dai carabinieri di Catania», aggiungono i legali
Comandante dei Cc visita l’indagato Ciancio I cittadini: «E’ inopportuno, serve più etica»
La foto ritrae il nuovo comandante provinciale dei Carabinieri etnei Alessandro Casarsa a fianco di Mario Ciancio Sanfilippo, direttore del principale quotidiano cittadino, La Sicilia. La location è una delle sale della grande redazione di viale Odorico da Pordenone. L’occasione, un’intervista al militare a poche settimane dal suo insediamento, pubblicata venerdì 11 ottobre in evidenza nelle pagine di cronaca locale. Uno scatto che non è sfuggito agli avvocati riuniti nell’osservatorio dei diritti di Catania e che, scrivono in una lettera, «ha provocato in tutti noi un forte senso di disagio». Perché chi siede a fianco del comandante è anche un indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio. «Indagini compiute anche dai carabinieri di Catania», spiegano i legali. Che hanno lanciato su Facebook una raccolta firme rivolta ai cittadini etnei, da allegare alla lettera di protesta già pronta per essere inviata al comandante generale dei Carabinieri.
«A noi delle vicende giudiziarie di Mario Ciancio, in questa fase, non interessa – spiega Goffredo D’Antona, membro dell’osservatorio – La cosa che dà fastidio è quella che sembra essere una visita istituzionale da parte del comandante e l’opportunità della stessa». In meno di 24 ore, più di cento cittadini si sono detti d’accordo con gli avvocati. Firmando virtualmente la protesta. «E ben vero che il colonnello Casarsa rilascia un’intervista al quotidiano – si legge nel documento – Ma proprio perché trattiamo di una istituzione della città, ovvero larma dei Carabinieri, forse era più opportuno che l’intervista venisse rilasciata presso il comando provinciale». E non alla redazione de La Sicilia, alla figura di «un direttore di un giornale, di un privato, priva di quei profili istituzionali che rendono opportuna la visita presso la sua sede».
A maggior ragione se il direttore in questione ha in corso un’indagine a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa. Un incartamento tanto corposo quanto discusso quello a carico di Ciancio, anche all’interno dello stesso palazzo di giustizia etneo. In un primo momento, infatti, la procura di Catania aveva chiesto di archiviare le accuse nei confronti dell’imprenditore per le scarse prove a suo carico. Al rifiuto del giudice per le indagini preliminari Luigi Barone, si era accompagnata la richiesta dello stesso di approfondire il controllo sulle operazioni economiche dell’indagato. Le prove già raccolte dai magistrati, scriveva il giudice nel rigetto dell’archiviazione, «consentono una lettura del rapporto tra Ciancio Sanfilippo e Cosa Nostra che va ben oltre il rispetto reciproco, concretizzandosi, piuttosto, in reciproci aiuti e sostegni, in taluni casi pienamente accertati». Dai racconti di Massimo Ciancimino – figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo don Vito – che definisce Ciancio «un punto di riferimento (per Cosa nostra, ndr), ossia la faccia pulita da spendere», alla visita in redazione del boss etneo Giuseppe Ercolano. Passando per la lettera di Vincenzo Santapaola, figlio del boss Nitto, pubblicata senza commento sulle pagine de La Sicilia, per arrivare agli affari nei centri commerciali etnei, come Porte di Catania e Outlet Sicilia Fashion Village.
«In questo momento di gravissima crisi sociale, di assoluta sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni democratiche di questo paese, queste, e tra loro larma dei Carabinieri, devono compiere il massimo sforzo per riaffermare letica, sia essa politica, giudiziaria e quella di tutela dei cittadini – concludono avvocati e cittadini nella loro lettera di protesta – Noi riteniamo che limmagine, che la foto di un rappresentante dello Stato a fianco ad un indagato per fatti gravi, crei un senso di sfiducia nei cittadini di questo Paese e, nel nostro piccolo, di questa città».