Colpo mortale all’agricoltura meridionale, grazie anche a Mr Monti & co.

A poche ore dalla votazione, da parte del Parlamento Europeo, dell’ipotesi di accordo con il Marocco, il Consiglio Direttivo della Confagricoltura siciliana ha espresso la propria indignazione per l’ennesimo tentativo di scippo ai danni dell’agricoltura mediterranea.
Mentre l’organizzazione agricola, anche a livello nazionale, ha avviato un’opera di sensibilizzazione nei confronti di tutti i deputati europei per una sospensione del trattato, non è stata ritirata la precedente presa di posizione del governo centrale favorevole all’accordo “per non creare un incidente diplomatico”.
“Opinione scellerata – hanno evidenziato i dirigenti della Confagricoltura siciliana – specie nell’attuale scenario economico caratterizzato da una crisi che nel corso dell’ultimo triennio ha portato alla scomparsa di oltre 50 mila aziende agricole siciliane: si abbia quanto meno il coraggio di dichiarare apertamente che l’agricoltura non è un settore economico strategico per lo sviluppo del nostro Paese”.
Il campanello d’allarme sulla volontà di far fuori il settore, tra l’altro quello più rispettoso delle direttive comunitarie (lavoro, sicurezza, sanità e benessere degli animali) è suonato non più di un mese addietro allorquando nella cosiddetta manovra “salva Italia” i beni strumentali per l’attività agricola, ovvero terreni e fabbricati rurali, sono stati considerati beni patrimoniali ai fini della nuova IMU. Oltre alla nuova imposta, che secondo le prime stime inciderà per il 300% rispetto alle attuali imposte, la scelta auspicata dal governo, ma che spetta in piena autonomia al Parlamento Europeo, è ancora più devastante: mettere sullo stesso piano della concorrenza produzioni ottenute con costi, regimi sanitari, sociali, fiscali e previdenziali difformi. In Marocco il fattore principale che concorre alla formazione del prezzo dell’ortofrutta è il costo della manodopera. I salari percepiti dagli operai agricoli nordafricani sono dell’ordine di 5 euro al giorno. Tali remunerazioni derivano dal fatto che gli operai agricoli non hanno, secondo il codice del lavoro marocchino, la possibilità di associarsi in sindacati e dunque di avviare negoziati collettivi. Un recente rapporto dell’UNICEF ha evidenziato che “oltre un milione e mezzo di bambini in età scolare sono privati dei loro diritti all’istruzione: la maggior parte sono minacciati di sfruttamento economico mediante lo svolgimento di mansioni nell’artigianato e nell’agricoltura in condizioni non sempre soddisfacenti per la loro salute e il loro equilibrio psicologico.”
In questo scenario il “piano verde” del Marocco mira a favorire lo sviluppo di un’agricoltura di esportazione attirando gli investitori stranieri e mettendo a loro disposizione le migliori terre irrigue. E’ già partito un progetto che in prossimità della città di Guelmin, nel sud del Marocco, destinerà 700.000 ettari per impianti agrumicoli, olivicoli ed orticoli.
“Lo sviluppo di un progetto di questo tipo – evidenzia Confagricoltura – dimostra che la prospettiva di un accordo di libero scambio interessa grossi gruppi finanziari pronti a giocare d’anticipo e ad appostarsi alle porte dell’Unione”.
“In queste condizioni – ha infine evidenziato il Consiglio Direttivo di Confagricoltura – il nostro destino è assolutamente segnato e saremo i primi a dare vita a quella mobilità auspicata dal premier Monti con l’esodo in massa dalle campagne”.


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