Colpo di grazia: a Palermo chiudono altre due aziende storiche. Maggio (Pd): “Servono risposte”

AMAREZZA E SCONFORTO. IN CITTA’ SI RESPIRA UNA BRUTTA ARIA MENTRE LA POLITICA CHIACCHIERA. I NUMERI DELLA CISL E L’APPELLO DELL’EX SINDACALISTA MARIELLA MAGGIO

Il gruppo ottico Randazzo, uan volta fiore all’occhiello dell’economia palermitana con sedi in tutta Italia, e l’antico bar- pasticceria Mazzara di Piazza Magliocco, che aveva tra i suoi clienti Leonarda Sciascia e Tomasi di Lampedusa,   sono le ultime due vittime di una crisi che nel capoluogo sta facendo una strage. Le due aziende si aggiungono alla lunghissima lista di aziende costrette alle chiusura: da  Grande Migliore, Brico Arrigo, Max Living, Livorsi, alle librerie storiche come Flaccovio e Dante, e ancora negozi come Hugony e Battaglia

Un vero e proprio tsunami:  “La crisi – commenta Mimma Calabrò, segretario generale Fisascat Cisl di Palermo – sta investendo tutti i settori. Giornalmente chiudono aziende e si perdono centinaia di posti lavoro. È diventata prassi ormai ricevere note di aperture di procedure di mobilità, di licenziamenti collettivi, di richieste di cassa integrazione, segnale che la nostra economia è letteralmente in ginocchio”.

“Il dato che più dà il senso della gravità e della pesantezza della crisi a Palermo è rappresentato dal numero delle imprese con procedure concorsuali (2.988) e in stato di liquidazione (5.231), imprese destinate alla chiusura”, ha detto il presidente di Confcommercio Palermo Roberto Helg appena qualche mese fa”.

Eppure, nulla si muove. Da qui l’appello dell’ex sindacalista della Cgil, oggi deputata del Pd, Mariella Maggio: “Urgono risposte precise in un periodo storico in cui le parole più ricorrenti sono lavoro, fine mese, drammi quotidiani, giustizia sociale, disuguaglianza, scelte” afferma.

“Le crisi annunciate a Palermo dal gruppo Randazzo, già in regime di solidarietà grazie a un accordo che era stato prorogato fino al 30 giugno prossimo ed ora pronto a 40 licenziamenti, e dell’Antica pasticceria Mazzara, che chiuderà i battenti con il conseguente licenziamento di tutto il personale, sono solo le ultime di una lunga serie che riguarda tutta la Sicilia.

Il problema- prsegue Maggio- non si ferma a singole realtà produttive ma investe la necessità della ripresa economica. Per dare soluzione all’eterna questione tra ‘garantiti’ e ‘non garantiti’ occorre invertire i termini temporali dell’attuale dibattito politico: non togliere all’uno per dare all’altro ma rimettere in moto l’economia con un piano straordinario e creare lavoro dando risposta ai disoccupati e agli inoccupati, puntare sul reddito minimo garantito che consenta di proseguire la ricerca di un lavoro in una condizione meno disperata.

Solo successivamente si potrà procedere a rivedere le forme di accesso al mondo del lavoro e le eventuali maggiori flessibilità di cui invece tanto si discute in questi giorni. In una regione come la Sicilia – dove si registra una disoccupazione giovanile al 51,3% e quella femminile al 27,1% e che tra il 2008 e il 2013 ha fatto registrare il 17% della disoccupazione nazionale – non serve maggiore flessibilità ma un’immediata attenzione verso percorsi di sviluppo”.


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