Le misure sono scattate nei confronti di presunti affiliati alla consorteria mafiosa nell'ambito dell'operazione denominata Enigma. Nel mirino anche Sebastiano Mazzei, figlio del capoclan Santo, latitante fino allo scorso 10 aprile. Accuse anche per alcuni commercianti. Per riscuotere debiti si sarebbero rivolti alla famiglia mafiosa. Guarda il video e le foto
Clan Mazzei, 30 ordinanze cautelari L’aiuto della mafia per riscuotere i debiti
Trenta persone ritenute affiliate al clan Mazzei Carcagnusi, tra loro quello che viene considerato l’attuale reggente della famiglia, Sebastiano detto Nucciu ‘u carcagnusu. Per loro la procura distrettuale antimafia di Catania ha disposto ordinanze di misure cautelari. Le accuse sono di associazione per delinquere di stampo mafioso e finalizzata allo spaccio di droga, estorsioni, rapina e reati in materia di armi, «con l’aggravante di avere agito avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di omertà tipiche dell’organizzazione mafiosa e al fine di agevolarla».
L’indagine è partita nel 2012, quando la squadra mobile etnea ha ritrovato a casa di Costantino Grasso – responsabile della squadra di Lineri, frazione di Misterbianco – il libro mastro riportato su alcuni block notes. All’interno era contenuta la contabilità delle estorsioni, della vendita di stupefacenti e degli stipendi consegnati alle famiglie dei detenuti. Indicate anche le spese particolari, come l’acquisto di panettoni per gli affiliati e lo stesso Sebastiano Mazzei.
Durante le attività di indagine, gli agenti hanno arrestato in flagranza alcuni presunti affiliati mentre riscuotevano il
pizzo in alcune attività commerciali. Un’intercettazione svela il tenore delle conversazioni tra Grasso e un altro presunto affiliato. «Ammazzulu de coppa», è l’ordine. «U sangu faccillu nesciri macari d’aricchi». Coinvolti anche alcuni imprenditori, ai quali le forze dell’ordine contestano il reato di concorso in estorsione: per riscuotere alcuni crediti, infatti, si sarebbero rivolti alla consorteria mafiosa. Una formula, quest’ultima, ritenuta dagli inquirenti sempre più importante. Un mezzo che sostituisce l’estorsione vera e propria, tanto da essere diventato uno degli strumenti più importanti di guadagno. Una sorta di vantaggio anche per il creditore, che «pur dovendo cedere una considerevole parte del proprio credito al gruppo mafioso, preferisce rivolgersi al malavitoso del quartiere – spiegano gli inquirenti – per non essere costretto ad adire le vie legali». Marcello Cardona, questore di Catania, in merito chiede «una presa di posizione chiara e dura dalle organizzazioni di categoria». E prosegue: «Al di là dei risultati eccellenti della polizia di Stato occorre fare un salto di qualità culturale: non basta l’operazione di repressione, ma quella di prevenzione che faccia incrementare la cultura della legalità tra i cittadini».
La famiglia Mazzei è strettamente legata a Cosa nostra palermitana. Santo Mazzei, il capo clan attualmente detenuto in regime di 41 bis, è stato nominato uomo d’onore su decisione del boss di Corleone Leoluca Bagarella. Tra le persone coinvolte nell’operazione c’è anche il figlio di Santo Mazzei, Sebastiano, latitante fino allo scorso 10 aprile, quando è stato arrestato a Ragalna.
Le persone coinvolte, assieme a Mazzei, sono: Guido Acciarito, Giuseppe Avellino, Gaetano Bellia, Alfio Cavallaro, Paolo cosentino, Salvatore Cosentino (detto Sasizza), Andrea Diego Cutulia, Giuseppe D’Agostino, due omonimi Giuseppe D’Agostino, Carmelo Di Mauro, Concetto Ganci, Costantino Grasso (detto Nuccio), Domenico Antonino Grasso, Alfio Grazioso, alessandro e Roberto Malerba, Giovanni Miuccio, Giovanni Papa, Francesco Renda. E poi sono stati disposti i domiciliari per Giuseppe Chinnici, Antonino D’Amico, Daniele Di Mauro, Antonino Giuffrida, Mario Salvatore Giuffrida (detto Massimo), Serafino Panassidi, Emanuele Pavone, Mirko Antonino Santonocito e Gaetano Sciacca.