Civico, 56enne muore al pronto soccorso Effettutata l’autopsia e aperta un’inchiesta

Morta al pronto soccorso dell’ospedale Civico, in seguito a una crisi respiratoria e dopo oltre una settimana di ricovero. Se n’è andata così la 56enne Rosaria Di Piazza, che si trovava in ospedale per subire un intervento all’arteria femorale, disdetto per due volte e mai avvenuto. E per il quale era ricoverata nel reparto di Malattie infettive, a causa della mancanza di posti negli altri reparti. I figli della donna, assistiti dall’avvocato Giuseppe Edoardo Scarlata, hanno presentato un esposto in procura per fare luce su quanto accaduto alla madre e su cosa soprattutto l’abbia portata alla morte. La procura ha intanto disposto l’autopsia sul cadavere della donna, effettuata lunedì e i cui esiti arriveranno entro 90 giorni. Mentre la polizia ha sequestrato la sua cartella clinica, dalla quale emergerebbe un buco temporale che va dalle 21.20 alle 00.20, un lasso di tempo enorme di circa tre ore.

«Lei stava bene, era lucida e non era in pericolo di vita – spiega l’avvocato Scarlata a MeridioNews -, non si spiega il motivo di questa crisi respiratoria, che sarebbe svincolata dall’intervento che avrebbe dovuto subire. Solo l’esito dell’autopsia potrà chiarire le cause di questa crisi». Una crisi che, a detta della famiglia, si sarebbe manifestata anche qualche anno prima e in quell’occasione la donna era stata portata all’ospedale Cervello, dove era stata subito intubata e portata in coma farmacologico, con ripresa definitiva già il giorno dopo. «In quel caso era stata portata da casa alla struttura, mentre in questo caso non c’era stato nemmeno bisogno di questa corsa contro il tempo, la donna era già ricoverata, si trovava già in un ospedale, i familiari non capiscono come sia potuto quindi accadere tutto ciò, arrivando alla morte – continua il legale -. Cosa è successo in quelle tre ore?». La famiglia ha provato a chiedere spiegazioni nell’immediato, quella notte stessa, ai medici che però si sarebbero «trincerati», limitandosi a dire di aver fatto il possibile. 

La donna era stata ricoverata il 18 gennaio, rimanendo poi in attesa dell’intervento rimandato. L’ultimo a vederla prima che morisse la notte tra il 25 e il 26 gennaio è stato il marito, che aveva fatto una videochiamata tra la moglie e i figli. Poco prima delle 22 la situazione sarebbe precipitata e l’infermiera avrebbe a questo punto chiamato la figlia della paziente dicendo che la madre stava molto male. «Quello che desta preoccupazione è che la signora non sarebbe stata intubata subito – spiega ancora l’avvocato Scarlata -. Dalle cartelle emerge questo buco temporale, alle 21 passate ha avuto questa crisi, quindi hanno predisposto il trasferimento all’ospedale Buccheri La Ferla, preparando l’ambulanza per il trasporto della paziente e contestualmente avvisando i familiari». Questi si sarebbero quindi in tutta fretta precipitati al nosocomio di via Messina Marine, restando in attesa per mezzora, senza però riuscire ad avere notizie della donna. «Lei lì non c’era, perciò si sono rimessi in contatto col Civico, scoprendo che l’ambulanza forse non era mai neanche partita o, comunque che visto le condizioni della paziente era partita ma tornata subito indietro, perché hanno ritenuto di portarla al pronto soccorso per intubarla e rianimarla». Ma Rosaria Di Piazza invece lì è morta, poco prima dell’una di notte. Alle due la famiglia aveva già pronto l’esposto. 

Dall’ospedale Civico hanno precisato che, oltre ad aver ricoverato la paziente in quel reparto a causa della mancanza di altri posti letto in Rianimazione, stava organizzando il trasporto all’ospedale Buccheri La Ferla in ambulanza per ricoverarla in Rianimazione. Motivo per cui la donna era stata portata al pronto soccorso, dov’è morta. La paziente è stata assistita dal rianimatore, sottolinea l’ospedale, e al pronto soccorso era presente tutta la strumentazione idonea per garantire le urgenze. Adesso, non resta che aspettare l’esito dell’autopsia, per la quale sono stati nominati tre ctu, tra cui spicca il nome del professore Paolo Procaccianti, direttore dell’Istituto di Medicina legale del Policlinico di Palermo. L’esame dovrò dare risposta a tre quesiti principali: di cosa è morta la paziente, perché è sopraggiunta la crisi respiratoria e se la procedura adottata è stata idonea oppure no.


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