Stefano Bollani incanta il pubblico de Le Macchine Sonore, rassegna estiva del Catania Jazz. Sul palco dellanfiteatro di Tremestieri, il pianista milanese ha presentato la Carioca Band in un concerto che ha ricostruito la storia della tradizione brasiliana, dalla Bossa Nova al Samba. Un evento unico
Circo Bollani
Stefano Bollani è un clown, di quelli che tra una risata e l’altra danno prova della propria maestria.
Il concerto che ha aperto “Le Macchine Sonore”, rassegna estiva del Catania Jazz, è stato uno spettacolo completo, quasi un esercizio circense. Tra le acrobazie musicali, il pianista milanese ha presentato il suo nuovo progetto: la Carioca Band.
Formata da musicisti brasiliani e italiani – Mirko Guerrini e Nico Gori, già fiati del precedente progetto di Bollani “I Visionari” – ha portato in scena un repertorio di pezzi rari della tradizione carioca che scavano nella storia della Bossa Nova, del choro e del samba, con la rilettura di autori storici come Pixinginuha, Edu Lobo, Ismael Silva, Nelson Cavaquinho, Chico Buarque unita a quella degli autori di nuova generazione, come Monica Salmaso e Ze’ Renato.
La prima parte del concerto scivola leggera, come se servisse ad introdurre l’atmosfera di Rio de Janeiro e la malinconia delle favelas, grazie anche al lungo assolo del chitarrista Marco Pereira e ai duetti di Bollani con lo stesso Pereira e con il sassofonista Zè Nogueira.
Musicista, innanzitutto. Questo è Stefano Bollani. Talentuoso e pluripremiato, sia in Italia che all’estero, è al terzo posto tra i migliori giovani pianisti per la rivista americana Downbeat ed è apprezzato anche in Giappone, paese molto attento al genere jazz. Sul palco dell’anfiteatro di Tremestieri porta la classe e il gioco: con il pubblico, con i suoi musicisti, col pianoforte. Strano il suo rapporto con questo strumento, un rapporto di amore e sfida, più che suonarlo sembra che lo domi: inscena un piccolo sketch, coi musicisti che guardano il piano quasi spaventati – quasi fosse un animale imbizzarrito – mentre Bollani cerca di tenerlo a bada suonandolo. Sensazione che diventa ancora più evidente quando introduce l’unico pezzo scritto da lui: “Il domatore di pulci”.
Musicista e intrattenitore. Autore di libri come “L’America di Renato Carosone” e il romanzo “La sindrome di Brontolo”, Bollani sa perfettamente come si gioca anche con le parole. Con ampi gesti delle mani racconta aneddoti, presenta i pezzi spiegandone la storia e quella dei loro autori. Lo spettacolo diventa qualcosa di più: una lezione-spettacolo sulla storia musicale del brasile, sui sottogeneri del samba, con le sue battute a riempire gli spazi tra una storia e un’altra. Alla fine del concerto, gli applausi sono sinceri e forti, tanto da richiamarlo in scena. Con il pubblico in piedi sotto il palco, Bollani si lancia in un lungo e divertente racconto sull’album “Bollani Carioca”, sulla sua permanenza in Brasile e sull’apprendimento della lingua portoghese. Ancora applausi. Poi si gira verso i tasti e comincia a suonare l’ultimo pezzo.
Musicista, intrattenitore e cantante. Con una voce bella e limpida ringrazia il pubblico eseguendo in portoghese prima e in italiano poi “Trem das Onze”, canzone brasiliana scritta nel 1964 da Adoniran Barbosa e lanciata in Italia nel 1969 da Riccardo Del Turco con il titolo “Figlio Unico”.
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Sito ufficiale di Stefano Bollani
Myspace di Stefano Bollani