Organizzata da molte realtà sociali etnee, la manifestazione di oggi pomeriggio si è snodata da villa Bellini fino a piazza Teatro Massimo. «Sarebbe stato meglio andare anche in quartieri periferici», sostiene Giovanni Caruso di Gapa. «La città è sorda ma il nostro è un segnale forte», sostiene Riccardo Orioles. Guarda le foto
Cinquecento in corteo contro razzismo e fascismo «Non abbiamo paura, nostri percorsi si allargano»
Catania siamo noi. È questo lo slogan della manifestazione contro il razzismo, il fascismo e la mafia e per gli spazi sociali che, questo pomeriggio, ha animato il centro del capoluogo etneo partendo da villa Bellini e percorrendo tutta via Etnea fino a piazza Teatro Massimo. Organizzata da Briganti Rugby Librino, la Librineria, Officina Rebelde, centro sociale Liotru, centro Gapa, palestra popolare di San Berillo e da altre realtà sociali. Duecento persone all’inizio, diventate oltre cinquecento mentre il corteo si snodava, per manifestare non solo contro l’atto di terrorismo razzista e fascista di Macerata ma anche per rispondere al clima di intimidazione mafiosa e fascista a livello locale. Dagli atti di violenza nei confronti degli attivisti del centro Gapa di San Cristoforo alle minacce ad alcuni giornalisti locali – fra cui anche la redazione di MeridioNews – fino all’incendio al campo San Teodoro di Librino.
«Abbiamo scelto la formula Catania siamo noi – spiega Daniele dell’associazione culturale Gammazita a MeridioNews – perché è vero che questa città ha tantissime cose che non ci piacciono: primo fra tutti il fatto di essere una città mafiosa e affarista ma vogliamo anche sottolineare che esistono tantissime forze sociali che sono pronte e che agiscono ogni giorno per arrivare al cambiamento. Vorremmo – aggiungono – che tra l’immaginario di Catania trovasse sempre più spazio il senso dell’accoglienza e degli spazi per tutti». L’evento è stato infatti anche un modo per sostenere chi, in città, ha occupato e riaperto nuovi spazi sociali come lo Studentato 95100, il centro popolare occupato Colapesce e l’ex hotel Costa. «Probabilmente in questa città, le realtà sociali danno fastidio a qualcuno. Ma noi scendendo in piazza – afferma Federico Galletta di Officina Rebelde – abbiamo voluto ribadire che non solo non abbiamo paura ma diventiamo di più e i nostri percorsi si allargano e diventano più determinati».
A manifestare anche il caporedattore de I Siciliani giovani, Giovanni Caruso che ammette che avrebbe preferito se «piuttosto che lungo via Etnea, il corteo si fosse snodato all’interno di uno dei quartieri popolari della città dove, sicuramente, fra la gente avrebbe fatto un effetto diverso. Qui molti sono indifferenti ma io auspico che tutti possano prendere coscienza delle questioni politiche in senso ampio, soprattutto i più fragili, i più deboli, gli invisibili che sotto il tallone della mafia e dei fascisti subiscono di più e che spesso, in situazioni di estrema disperazione, sono disposti anche a fare il patto con il diavolo pur di avere un lavoro o una casa. Il lavoro nel tempo è quello che avrà dei risultati se saremo capaci di farlo». Un binomio inquietante, anche a livello locale, quello fra mafia e fascismo che «sin dai primi anni ’70 – ricorda Caruso – sono sempre andati a braccetto. L’unico modo per arginare questi due mali della società – conclude – è che si ritorni davvero ad avere una coscienza antifascista».
Fra le persone che hanno preso parte alla manifestazione sono in molti a credere che «qui a Catania ce n’è veramente bisogno e, anzi – commenta un signore – ce ne dovrebbe essere una al giorno per contrastare la brutta aria che tira in questo momento. Una soluzione rimane quella di tornare ad amare di più la democrazia». Gli fa eco Riccardo Orioles, giornalista dei Siciliani di Pippo Fava: «Nonostante la città sia sorda, noi siamo qua per dare un segnale più etico che politico e far sapere a tutti che ci sono delle persone che ancora credono nei valori civili e repubblicani troppo spesso dimenticati».