«Serve un altro protocollo d’intesa e al tavolo del prefetto, insieme ai sindaci, devono sedere anche i vertici di Equitalia. È necessario velocizzare le procedure che occorrono per aggredire i patrimoni dei mafiosi». Questo l’appello rivolto ieri al prefetto di Palermo da parte del sindaco di Cinisi, Giangiacomo Palazzolo, accompagnato dalla squadra degli assessori comunali e dalla Commissione straordinaria del Comune di Borgetto che hanno sottoscritto, insieme ad Antonella De Miro, un protocollo di legalità volto al rafforzamento della collaborazione tra enti locali e istituzioni nel contrasto alla criminalità organizzata e ai suoi tentativi d’infiltrazione.
«A Cinisi, comune costiero in passato sciolto per infiltrazioni mafiose, insistono alcune aree considerate appetibili da interessi speculativi della malavita organizzata – ha detto la prefetta De Miro -, la sottoscrizione del protocollo, già firmato da altri Comuni della provincia, è stata possibile grazie alla volontà del sindaco». Il documento permetterà maggiori controlli nei pubblici appalti e nelle pubbliche forniture, sottoponendo a verifica antimafia, oltre che le iImprese aggiudicatarie, anche tutta la filiera. Particolare attenzione sarà rivolta anche ai controlli in materia urbanistica per l’attività speculativa legata a concessioni ed autorizzazioni.
Palazzolo ha mostrato grande soddisfazione per il raggiungimento di questo accordo. «A Cinisi non si raccontano solo brutte storie di mafia – ha dichiarato il primo cittadino -, ma anche esempi positivi di tante belle persone». Come Guerino Miglioranzi, il vicebrigadiere lasciato morire dissanguato perchè la mafia non consentiva di soccorrere un carabiniere. «Fu ucciso da Cosa nostra e morì dopo 20 minuti di agonia – ricorda il sindaco -, invocando l’aiuto della mamma». Se l’assassinio di Miglioranzi è legato alla storia della vecchia Cosa nostra – l’omicidio avvenne infatti nel 1945 – non mancano a Cinisi epidodi recentissimi che testimoniano come la mafia sia ancora viva e attiva nel territorio. È il caso di Mariangela Di Trapani, moglie del boss Madonia reggente del mandamento mafioso di Palermo Resuttana. La donna è stata arrestata nei giorni scorsi nel corso del blitz antimafia Teleo.
«Nel mio Comune non ha mai ottenuto nulla – rivendica con orgoglio il sindaco della citta che ha dato i natali alla Di Trapani -, abbiamo notato anomalie nel suo comportamento e in tempi non sospetti abbiamo potuto riferire alle autorità il suo strano comportamento». Palazzolo ha poi sottolineato che il Comune di Cinisi vanta un credito con i mafiosi di circa 150 mila euro. «Mandiamo ad Equitalia le sentenze – ha ricordato al Prefetto – ma passano decenni prima che si possano aggredire i patrimoni dei mafiosi. Cinisi si candida ad essere il Comune capofila per questo progetto che serva ad accelerare le procedure più per il recupero delle finanze dei mafiosi».
Secondo De Miro, arrivata a Palermo dopo diversi anni di lontananza, la Sicilia ha fatto un passo in avanti nella lotta alla criminalità organizzata. «È in aumento la consapevolezza del rischio che corre una comunità nella prospettiva di un futuro per le nuove generazioni – ha affermato -. Oggi la mafia è considerata come ragione di disvalore sociale». Per la prefetta, inoltre, il sangue dei morti ammazzati da Cosa nostra non è stato inutilmente versato ma «è stato fecondo – ha detto – e ha creato sentimenti di rivolta, di azione e ha fatto germogliare diversi processi di cambiamento. A Corleone, la città che per tutti è il simbolo della mafia, ho trovato dei giovani che esprimono una voglia di cambiamento e che hanno maturato, attraverso la scuola, una consapevolezza che la mafia distrugge e mortifica il territorio».
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