Chi vuol essere il film dell’anno?

Cosa fa di un film un gioiello da custodire nella nostra personale cineteca della memoria, chiudendo gli occhi, di tanto in tanto, per rivivere ogni singolo batticuore che ci ha regalato?

A. Un cast genuino e appassionato.

Fatto da attori come Dev Patel, che ha sul curriculum solo Skins, una serie tv inglese per adolescenti (leggenda vuole che sia stata la figlia del regista, fan del telefilm, a suggerire il ragazzo per la parte), e da Freida Pinto, reduce da un programma tv, vari spot pubblicitari e qualche passerella. Eppure quando i loro Jamal e Latika del grande schermo si ritrovano, adulti, dopo essersi persi che erano poco più che bambini, dai loro occhi traspare emozione autentica. Sarà che c’è bisogno di attori non professionisti per interpretare personaggi che nella vita hanno sofferto e che continuano a soffrire, per le due ore in cui spiamo furtivi il loro cammino, finché la vita non concede loro una tregua che sa tanto di redenzione. Ci sono personaggi neppure troppo secondari, come Salim, nelle cui vene scorre il sangue di Jamal ma a una temperatura diversa, e che fin da piccolo è astuto e calcolatore quanto il fratello è dolce e generoso. L’ultimo bagno in una vasca piena di soldi, una pallottola e una buona azione risolutiva, questo il finale scelto per lui dalla fortuna, coadiuvata della sua volontà di uscire di scena espiando i peccati commessi. E poi ci sono loro, Jamal e Latika, bambini cui i grandi non risparmiano cattiverie ma che, e questo film lo dimostra con abilità paragonabile a quella dei migliori romanzi di formazione dickensiani, rimangono fedeli a se stessi, e fedeli l’uno all’altra, sicuri che il destino abbia in serbo per loro un finale meraviglioso.

B. Un’ambientazione imponente e suggestiva.

Come la vecchia Bombay, ormai Mumbai, la città balzata alle cronache a causa degli attentati terroristici dello scorso novembre, e che riusciamo a conoscere a fondo, a toccare, a respirare provando a tratti nausea, a tratti sollievo. Dalle bidonville della fame, dello sfruttamento dei minori e degli scontri sanguinolenti tra musulmani e indù, ai grattacieli in costruzione e alle lussuose ville di malavitosi senza scrupoli. Dalle stazioni ferroviarie brulicanti di vita, alle coloratissime strade della prostituzione. Dalle centrali di polizia che sanno di sangue, sudore e takeaway, ai piccoli e confortevoli appartamenti che il crimine regala a chi decide di impugnare una pistola e fare il grande salto da pezzente a uomo d’onore. Dalle latrine a cielo aperto agli studi televisivi dove cinici presentatori regalano a poverissimi concorrenti un sogno da 20 milioni di rupie. L’India dei call center, di viaggi in treno interminabili, delle grandi produzioni bollywoodiane che contano milioni di ammiratori e del Taj Mahal, all’ombra del quale i bambini continuano a mendicare, i turisti continuano ad alimentare il mito del boom economico e il divario tra ricchi e poveri si fa sempre più insuperabile.

C. Regia e sceneggiatura da Oscar.

Come la regia di Danny Boyle, Mr The beach, Mr Millions ma soprattutto Mr Trainspotting, che in occasione del suo settimo lungometraggio (che si è aggiudicato, tra gli altri, i premi per Miglior Film, Migliore Regia e Miglior attore esordiente al British Independent Film Awards, oltre ad aver vinto il Toronto film festival) sfoggia trovate brillanti come l’uso della macchina a mano, che rende alla perfezione l’energia in continuo movimento della metropoli indiana; la riproduzione fedelissima del format “Chi vuol essere milionario”, studio televisivo compreso; l’inserimento, nel cast, di attori popolarissimi in India (il conduttore del quiz, il capo della polizia), che dona al film un tocco d’autorevolezza, e la sapiente scelta degli attori che interpretano i protagonisti in tre diverse fasi della vita, dall’infanzia all’età adulta; la coreografia di gruppo del finale, vivace omaggio alla tradizione cinematografica bollywoodiana, con tanto di protagonisti che danzano a tempo di pop indiano, mentre noi, grazie a una bella sequenza di sovrapposizioni, li rivediamo bambini prendersi per mano e saltare felici, alternandosi ai titoli di coda. E la sceneggiatura di Simon Beaufoy non è da meno: ispirata al romanzo “Le dodici domande” dello scrittore indiano Swarup Vikas, vi apporta le modifiche indispensabili per dar vita a un ritmo che non lascia spazio a momenti morti. Tra la cronaca della scalata di Jamal al successo attraverso lo show televisivo e i continui flashback che spiegano alla polizia e allo spettatore come ogni momento della vita del ragazzo fosse destinato a fornirgli, a lui “straccione” e quasi analfabeta (“Slumdog”, come da titolo originale), la risposta esatta ad ogni domanda, l’incastro è perfetto. Non c’è esitazione, non c’è un attimo di respiro per chi fugge, e il premio ideale di una vita felice con l’amata arriverà solo dopo una maratona appassionante quanto tecnicamente perfetta. Che quasi vorremmo non si concludesse mai. E che permettesse al film di annoverare presto meritatissimi Golden Globes e Academy awards fra i suoi credits.

D. Una spettacolare istantanea del mondo che cambia, una storia d’amore e un lieto fine.

La risposta è A, B, C e D. Insieme. Definitiva, e l’accendiamo.

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Sito ufficiale del film: www.luckyred.it/themillionaire/


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