Tredici anni dietro le sbarre, una parentela pesante e l’investitura di «uomo d’onore riservato» dei Santapaola-Ercolano. Così Francesco Napoli, 46 anni, avrebbe scalato le gerarchie della famiglia mafiosa di Cosa nostra catanese diventandone il reggente operativo. Dalla sua, come emerge dal blitz Sangue blu, avrebbe avuto anche la parentela acquisita con Nitto Santapaola grazie alla […]
Chi è Francesco Napoli. Il nuovo reggente mafioso dei Santapaola che doveva essere ucciso dai Nizza
Tredici anni dietro le sbarre, una parentela pesante e l’investitura di «uomo d’onore riservato» dei Santapaola-Ercolano. Così Francesco Napoli, 46 anni, avrebbe scalato le gerarchie della famiglia mafiosa di Cosa nostra catanese diventandone il reggente operativo. Dalla sua, come emerge dal blitz Sangue blu, avrebbe avuto anche la parentela acquisita con Nitto Santapaola grazie alla mamma Grazia Ferrera, figlia di Salvatore, meglio noto come Cavadduzzu. Il nuovo reggente mafioso avrebbe portato avanti i suoi interessi sia da detenuto che quando venne messo in prova all’interno di un panificio all’angolo con viale XX Settembre, a Catania. «Mbare dobbiamo essere sempre più ermetici, non ci possiamo rilassare mai», diceva a un sodale otto mesi dopo la scarcerazione. Una frase che dagli inquirenti viene ritenuta emblematica per tratteggiare l’attenzione maniacale dell’uomo davanti a possibili intercettazioni. Napoli si muoveva con una bici elettrica, negli incontri in presenza avrebbe parlato quasi sempre all’orecchio del proprio interlocutore, cambiato decine di sim, spesso intestate a cittadini stranieri, evitando di portare con sé lo smartphone durante i summit.
Per comunicare con il cugino Francesco Ferrera sarebbe arrivato a prenotare una visita cardiologica nella stessa struttura in cui lo aveva fatto il parente. Altri incontri si sarebbero tenuti in una palestra in via Gorizia e da un meccanico lungo viale Africa. Della gestione da parte di Napoli non tutti sarebbero rimasti contenti. Il pentito Salvatore Scavone ha svelato ai magistrati di essere arrivato ad organizzarne l’uccisione, predisponendo l’utilizzo di alcune mascherine in silicone e di una parrucca da donna. «Per eliminarlo avevamo programmato di colpirlo presso l’enoteca, nei pressi di Corso Italia, intestata alla figlia», si legge in un verbale contenuto nell’ordinanza. Il piano però viene rimandato dopo un incontro in un supermercato in via Orto dei Limoni. Un faccia a faccia tra Scavone e lo stesso Napoli in cui il reggente dei Santapaola avrebbe chiesto il perché di tante domande sulle proprie abitudini.
«Il 10 febbraio 2021 – aggiunge Scavone – con Natalino Nizza eravamo pronti per andarlo ad uccidere ma quel giorno seppi della morte di mio padre. A quel punto mi sono recato in ospedale per vedere la salma e così Napoli si è salvato». Per il clan dei Nizza un omicidio di questo spessore non avrebbe comportato nessun rischio e, a dire il vero, non sarebbe stato nemmeno il primo. Basta andare indietro all’estate del 2007 quando venne ucciso, dagli stessi componenti della famiglia di Cosa nostra, l’allora reggente Angelo Santapaola: «Nessuno aveva la nostra forza militare – aggiunge Scavone commentando una possibile reazione al delitto Napoli – e allo stesso tempo gli altri gruppi non erano molto contenti di lui».
Tra le contestazioni della procura di Catania nei confronti di Napoli c’è anche l’avere organizzato un’estorsione nei confronti di un noto lido balneare alla Playa. Episodio, anche questo, ricostruito grazie ai segreti svelati da alcuni pentiti. Ai titolari il gruppo dei Santapaola avrebbe fatto arrivare una richiesta da 200mila euro tramite una bottiglia di benzina e un pizzino lasciata davanti l’ingresso.