I messaggi dal contenuto sessuale esplicito nelle chat tra il sacerdote Giuseppe Rugolo e due ragazzi sono stati acquisiti dal tribunale di Enna. È lì che si sta celebrando il processo con rito abbreviato per il prete 40enne di Enna che è stato arrestato nell’aprile del 2021 a Ferrara (in Emilia Romagna) con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danni di minori. Ed è proprio da uno di loro che è partita l’indagine che ha portato al procedimento in corso e che adesso si arricchisce dei messaggi che Rugolo ha scambiato con due giovani: un suo ex alunno di scuola e un ragazzo di Ferrara, dove il sacerdote era stato trasferito nel 2019 dopo che la vicenda era venuta fuori nell’ambiente ecclesiastico dell’Ennese.
«Il collegio dei giudici – spiega a MeridioNews l’avvocata Eleanna Parasiliti Molica che assiste il giovane archeologo che ha denunciato di avere subito gli abusi quando aveva 15 anni – non ha invece accolto la richiesta dell’imputato di fare entrare nel processo i verbali di un’indagine difensiva fatta dagli avvocati di Rugolo (Antonino Lizio e Denis Lovison, ndr) con lo scopo di smentire gli inquirenti che erano venuti a ricostruire i fatti in aula». Indagini che avevano come oggetto proprio quei contenuti erotici che il prete avrebbe scambiato via chat con i due ragazzi.
La prossima udienza è già stata fissata per martedì 14 marzo e c’è in programma di sentire altri sacerdoti della diocesi di Piazza Armerina. Il vicario generale Antonino Rivoli avrebbe dovuto essere interrogato durante la scorsa udienza ma tutte le parti hanno invece acconsentito ad acquisire quanto aveva già dichiarato durante la fase delle indagini preliminari. Tra le cose emerse dai suoi racconti, c’è anche la vicenda che ha portato a indagare il colonnello dei carabinieri Saverio Lombardi. Oggi a Lecce, all’epoca era in servizio a Enna e avrebbe suggerito al vescovo Rosario Gisana di cambiare avvocato. Perché il legale scelto dal responsabile ecclesiastico era stato coinvolto in indagini per mafia. In cambio, il militare avrebbe chiesto un appoggio del vescovo per diventare cavaliere del Santo Sepolcro. Una dinamica che è stata confermata anche dallo stesso Gisana.
Sin da subito, i genitori della vittima hanno denunciato che: «la diocesi ci offrì dei soldi della Caritas in cambio di una clausola di riservatezza e del silenzio di nostro figlio». Accuse a cui il vescovo ha risposto sostenendo che, invece, proprio dai genitori del giovane sarebbe arrivata una richiesta di denaro.
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