«Un’amica». «Un’ottima politica». Difficile trovare qualcuno che parli male di Valeria Sudano nel centrodestra. Certo, a meno che non si candidi o non avanzi l’intenzione di candidarsi per un incarico da solista come ricoprire la poltrona di sindaco di Catania. Allora atteggiamenti e virgolettati cambiano, diventa «un candidato divisivo». Così si possono riassumere in buona sostanza le ultime settimane di vertici e riunioni all’ombra dell’Etna.
I motivi della forte diffidenza dei suoi alleati nei confronti della leghista sono più che altro due: da una parte c’è Fratelli d’Italia che, dopo avere concesso il sindaco a Palermo virando su Roberto Lagalla, il presidente della Regione a Forza Italia e diverse altre cariche ai colleghi di coalizione, anche a livello nazionale, non vorrebbe più fare passi indietro. Dall’altra c’è una certa ritrosia – chiamiamola così – da parte dei partiti della coalizione conservatrice nel concedere troppo potere a Luca Sammartino, vicepresidente della Regione, assessore del governo Schifani, uomo di partito, nel senso che da solo ha portato a casa i voti di un intero partito alle ultime elezioni regionali e soprattutto compagno nella vita di Sudano.
Lo scenario sembra dunque meno complicato – si fa per dire – del previsto: Fratelli d’Italia chiede il sindaco, non vuole perdere la bandierina sulla decima città d’Italia. Una bandierina che prenderebbe nome e cognome di Sergio Parisi, diverse esperienze da assessore nelle amministrazioni cittadine di centrodestra, una lunga esperienza nella Federazione nuoto, che sui social scrive «Non c’è giocatore più forte della squadra». Una scelta fatta più per sottrazione, in realtà, che per hype politico: il prescelto, Manlio Messina, ex assessore regionale di Nello Musumeci, parlamentare nazionale in rampa di lancio, non ha intenzione di lasciare il seggio romano, dove sta rafforzando sempre più la sua posizione all’interno del partito, Ruggero Razza pare essere troppo controverso a livello politico, mentre Pippo Arcidiacono paga la fuga in avanti fatta a dispetto degli ordini di scuderia.
Renato Schifani, nel suo autoassunto ruolo di mediatore tra le varie forze del centrodestra predica unità. Una unità che sarà a quanto pare possibile solo attorno alla bandiera tricolore di Fratelli d’Italia, una decisione che potrebbe arrivare direttamente da Roma, dove negli ultimi due giorni si sono susseguiti gli incontri ai piani alti dei partiti della coalizione. Tutto dipenderà dalla stessa Valeria Sudano, più che dalla Lega. Se l’ex parlamentare nazionale deciderà di andare avanti per la sua strada, come sembra avere intenzione di fare, anche senza il simbolo di Noi con l’Italia, accezione locale dei salviniani, allora si andrà alle urne frammentati almeno in tre scaglioni: FdI, Sudano e Mpa di Raffaele Lombardo.
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