All'indomani della presentazione di "Citizen Berlusconi" alla Sala stampa estera di Roma, Alexander Stille sarà ospite dei corsi di 'Storia sociale dei media' e 'Tecnica del giornalismo': mercoledì alle ore 12, aula A1. Riprendiamo da "Il Sole-24Ore" la recensione di Fabrizio Forquet- A lezione con Alexander Stille di Carmelo Greco
Mister B. è un modello vincente?
I libri su Silvio Berlusconi si dividono in due categorie: quelli dichiaratamente ostili e canzonatori (e sono la maggioranza) e quelli celebrativi. Il libro che Alexander Stille dedica al presidente del Consiglio non appartiene né all’una né all’altra. E’ un libro serio. Che non riduce tutto a macchietta. E che prova a leggere la vicenda, sicuramente straordinaria, del “citizen Berlusconi”, come il paradigma di alcune tendenze delle democrazie di oggi di domani.
L’inchiesta comincia dal lancio di Forza Italia tra il ’93 e il ’94. “Una delle campagne – dice Stille – più straordinariamente innovative della nostra era, forse il primo esempio in assoluto di campagna elettorale postmoderna”. Una campagna che, per la prima volta in Italia e nel mondo, sfrutta al massimo la capacità seduttiva della televisione, il marketing aziendale, il potere delle risorse finanziarie. Una campagna che porterà Berlusconi a vincere le elezioni del ’94.
Ma quella vittoria veniva da più lontano. E’ il 1980 la data chiave per capire ciò che sarà: la data della nascita di Canale 5. L’Italia viene da anni tormentati. E’ un Paese ancora arretrato, dilaniato dalla violenza terroristica, ma anche capace di discutere e di appassionarsi alla politica e al dibattito delle idee. Per Stille, appena arrivato in Italia, è un mondo che fatica a comprendere (e che, a distanza di 25 anni, forse descrive ancora con qualche luogo comune di troppo).
Ma è un mondo che sta per vivere un mutamento profondo. E Berlusconi è un protagonista di quel cambiamento. “Proprio lui – racconta Stille – contribuì a far passare l’Italia da quella che Marshall Mc Luhan chiamava la Galassia Gutemberg, la cultura basata sulla stampa del XIX e XX secolo in cui la politica era uno scontro di ideologie, a un mondo postmoderno in cui le forze motrici della politica sono la personalità, la celebrità, il denaro e il controllo dei mezzi di informazione”.
La conseguenza positiva fu che gli italiani smisero di morire per la politica. Ma quella negativa fu che presto le discussioni sulle idee politiche saranno soppiantate solo da quelle sulla squadra di calcio.
E’ qui che trae origine la straordinaria storia politica del citizen Berlusconi. “Una delle grandi avventure politiche dl tardo Novecento, un esempio stupefacente di ciò che accade quando i mezzi di comunicazione, il denaro e la politica uniscono le proprie forze in una società pressocché priva di regole”.
Stille ha il merito di comprendere quanto semplicistico possa essere liquidare Berlusconi come il bizzarro e provinciale prodotto di una sottocultura italiana. E le pagine migliori del libro non sono quelle che ricostruiscono fatti e vicende, in gran parte noti al lettore italiano, di 20 anni di berlusconismo, ma quelle che ne individuano i segni di vicende e di fenomeni più globali.
La sua tesi di fondo è che, essendo l’Italia una democrazia giovane e priva di pesi e contrappesi, spesso diventa un laboratorio dove i fenomeni della modernità si affermano al loro massimo grado di espressione. “E’ un luogo dove le idee vengono portate alle loro estreme conseguenze e possono essere osservate così con particolare chiarezza”.
Ecco allora che Berlusconi diventa uno “spiazzante personaggio d’avanguardia”, un “Citizen Kane al nandrolone”. E la sua vicenda diventa una chiave di lettura di analoghi fenomeni cui si assiste nella Russia di Vladimir Putin, nel Venezuela di Hugo Chavez, ma soprattutto negli Stati Uniti di George Bush.
Chi è rimasto stupito dalla calorosa accoglienza che tutto il Congresso americano ha riservato a Berlusconi, troverà molto utili le riflessioni che Stille dedica ai forti parallelismi tra questi due mondi. La “personalizzazione della politica attraverso la televisione e il declino dei partiti politici tradizionali”, l’ascesa di politici miliardari (tra gli altri Ross Perrot, Steve Forbes, Jon Corzine e Mike Bloomberg) che eludono le organizzazioni partitiche comunicando attraverso le televisioni direttamente con l’elettorato, “sono tutte realtà ben presenti in America”. E’ in fondo il populismo degli “outside leaders”, fenomeno non nuovo, ma che, rafforzato dal mezzo televisivo, sembra diventare per Stille un modello per il futuro. Un modello “pericolosamente” vincente per le nostre democrazie.
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(*) Questo articolo è stato pubblicato col titolo: Mister B. nel Paese senza regole su “Il Sole-24Ore” di domenica 12 marzo 2006.