A fine ottobre del 2015 a casa
Li Causi, potente famiglia di Castelvetrano con interessi nella sanità, c’è molto fermento. Si è saputo di un esposto anonimo che ha per oggetto il più importante affare che di lì a breve si sarebbe realizzato: l’apertura della nuova casa di cura Vanico, convenzionata con il sistema sanitario regionale e destinata alla riabilitazione intensiva. Come emerge dall’ordinanza dell’operazione Artemisia, l’anonimo autore dell’esposto avrebbe accostato l’operazione agli interessi di Pino Giammarinaro. Ex deputato Dc, ribattezzato Sua sanità per la tentacolare rete di interessi che nella provincia avrebbe costruito in quel settore all’ombra di Cosa Nostra trapanese: è stato destinatario di una confisca antimafia milionaria da parte del Tribunale di Trapani e sottoposto a sorveglianza speciale perché ritenuto socialmente pericoloso, anche se uscì assolto dal processo per concorso esterno a inizio anni 2000. Ad accostare il capostipite della famiglia Li Causi, l’ex senatore Vito (morto nel 2015), a Giammarinaro non è solo un esposto anonimo, ma anche un pentito della ‘ndrangheta, il medico Marcello Fondacaro che, avendo sposato una collega di Mazara del Vallo e volendo aprire lì un laboratorio di analisi, della sanità trapanese sa e racconta molte cose.
LA PAURA DELLE MICROSPIE E L’OPERAZIONE ARTEMISIA
In quell’autunno del 2015 ce n’è abbastanza per far decidere alla famiglia Li Causi di muoversi per
capire se ci sono delle cimici che intercettano quanto si dice in casa e nella struttura che gestiscono. Per farlo si sarebbero rivolti a un poliziotto, un uomo della Dia di Trapani, Salvatore Virgilio, che si sarebbe prestato alla bonifica e poi sarebbe stato coperto dal collega Salvatore Passanante, chiamato dalla procura di Marsala a verificare l’operato dello stesso Virgilio. I due sarebbero legati dalla vicinanza e dalla fedeltà all’ex deputato regionale Giovanni Lo Sciuto che, consapevole della preziosità delle informazioni riservate ricevute da entrambi, ha cercato anche nell’episodio delle microspie di non farli scontrare. Ma entrambi i poliziotti, insieme a Lo Sciuto, sono finiti in carcere nell’operazione Artemisia che ha fatto emergere il gruppo occulto di potere che il politico avrebbe creato. A rassicurare Lo Sciuto sull’attività di indagine riguardo Virgilio è proprio Passanante: «Io dovevo chiudere la pratica subito! Quella cosa non doveva camminare. E quindi l’ho chiusa subito!».
SANITÀ, POLITICA E MASSONERIA
La famiglia Li Causi a Castelvetrano è un potentato nel mondo della sanità e non solo. Nel 1976, Vito Li Causi fonda il centro
Vanico, rappresentata come «un’eccellenza nella medicina fisica e nella riabilitazione». Il business si allarga nel dicembre del 2015 quando viene aperta la nuova casa di cura. Vito Li Causi non fa in tempo a vederla inaugurata perché muore due mesi prima. A occuparsi della nuova struttura è la figlia Valentina, insieme al marito Filippo Daniele Clemente, entrambi indagati per corruzione nell’inchiesta Artemisia per la vicenda della bonifica chiesta a Virgilio, a cui sarebbe seguita l’assunzione della moglie del poliziotto. Il fratello di Valentina, Nicola, gestisce invece il centro polidiagnostico Multimedical, sempre a Castelvetrano, ed eredita dal padre anche la passione per la politica. Nell’estate del 2016, prima dello scioglimento del Comune per mafia, il sindaco Felice Errante lo nomina assessore, in un rimpasto di giunta finito alla ribalta per la presenza di diversi massoni tra gli assessori in uscita, ma anche in entrata. Lo stesso Li Causi è regolarmente iscritto alla loggia Demetra, una delle tante con sede a Castelvetrano. Quel rimpasto trova spazio anche nelle intercettazioni dell’inchiesta Artemisia. A sponsorizzare la nomina di Li Causi, in quel momento vicino a Sicilia futura, sarebbe stato il leader del movimento ed ex ministro Totò Cardinale: «Onorevole, chiedo scusa, ma tutto questo gran bordello per questo Li Causi?», si sarebbe lamentato Errante con Cardinale, trovando anche in Lo Sciuto qualche preoccupazione. «Vedi che Li Causi è intercettato ed è controllato – dice Lo Sciuto al sindaco Errante – io mi scanto che questo dice qualche minchiata, al telefono parla. Sente qualcosa e ti va a consumare a te e a me».
IL PENTITO FONDACARO
Il timore dei Li Causi per la microspia si rivelerà infondato, ma
i presunti legami del capostipite ed ex senatore Vito con Giammarinaro, come detto, trovano ampio spazio nei verbali del pentito Marcello Fondacaro, depositati dalla Dda di Palermo nel processo a carico di sua sanità. Il collaboratore di giustizia – che ha parlato anche alla Dda di Reggio Calabria e a quella di Roma – racconta di alcune strutture sanitarie del Trapanese di cui Vito Li Causi sarebbe stato socio, tramite prestanome, insieme a Giammarinaro e ad altri big della sanità e della politica locale. Il tutto in un quadro generale in cui nulla si sarebbe potuto realizzare senza il permesso e il consenso di Giammarinaro, che avrebbe ereditato questo potere dalla sua vicinanza alla famiglia Messina Denaro. Prima a Francesco e poi a Matteo. In particolare il pentito racconta di un suo incontro con Vito Li Causi a Castelvetrano. «C’erano in quel periodo i lavori di ristrutturazione per la creazione di altri reparti all’interno della struttura polisportiva, che nasceva come centro polisportivo del professore Vito Li Causi – mette a verbale il collaboratore di giustizia -. In quelle occasioni Li Causi mi parla di questi suoi rapporti con Giovanni (Gentile, ex medico provinciale dell’Asl di Trapani, ndr) e con Pino Giammarinaro, e mi dice che sarebbe disponibile eventualmente a vendermi il Vanico di Castelvetrano […] Mi disse: “Guarda, Marcello… sarei felice di cederti anche il Vanico se tu sei d’accordo ad acquistarlo, perché io vorrei disfarmi sia del Vanico che di una struttura che ho acquistato da poco a Mestre, vicino Venezia, un complesso turistico alberghiero”. Dice: “Mi voglio togliere tutto, perché ho paura che mi sequestrano tutto“. Vito Li Causi mi dice che quindi voleva cedere il tutto perché voleva uscirsene dal rapporto anche con Pino Giammarinaro».
LA CONVENZIONE CON LA REGIONE
Li Causi non è mai stato indagato, né la clinica
Vanico oggetto di indagini. Nel 2010 ottiene dall’assessorato regionale alla Salute l’accreditamento per 90 posti letto di assistenza riabilitativa. Pochi mesi dopo la società di Li Causi chiede di sottoscrivere il contratto per il finanziamento, ma in un primo momento l’Asp di Trapani rifiuta. Ne nasce un contenzioso che ha fine con una transazione il 21 maggio del 2015: il Vanico ottiene 25 posti letto convenzionati per un totale di 1,8 milioni di euro all’anno da parte della Regione. Quella transazione – firmata dall’allora dirigente generale dell’Asp Fabrizio De Nicola, dal dirigente regionale Gaetano Chiaro e dal rappresentante legale della struttura sanitaria – lascia aperta la possibilità di ampliare ulteriormente i posti letto. Cosa che avviene pochi mesi fa: nell’ottobre del 2018 l’assessorato alla Salute, adesso guidato da Ruggero Razza, dà il via libera a un addendum, grazie al quale la società dei Li Causi ottiene la convenzione per altri 15 posti letto e altri 1,2 milioni di euro all’anno, arrivando così a 40 posti letto in totale. «C’era il rischio di un nuovo contenzioso e la situazione dell’amministrazione regionale non era serena – spiega Mario La Rocca, il dirigente generale del dipartimento Salute che ha firmato il nuovo atto -. Il Vanico è accreditato per 90 posti ma solo 25 erano contrattualizzati».
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