Tommaso Grosso «non è morto a casa, ma nel reparto di Medicina dell’ospedale di Castelvetrano». È quanto precisa la direzione dell’Asp di Trapani sulla morte del 49enne di Campobello di Mazara, dopo la notizia dell’indagine della Procura della Repubblica di Marsala su venti sanitari (quasi tutti medici e qualche infermiere), raggiunti da avvisi di garanzia per omicidio colposo. Circostanza confermata dal legale della famiglia di Grosso.
Nella nota dell’Asp si afferma, inoltre, che «la direzione strategica aziendale» ha chiesto «una relazione sull’evento al primario del reparto di chirurgia e accettazione d’urgenza del nosocomio, Domenico Ferrara, dalla quale si evince che il paziente non è stato dimesso dal pronto soccorso ed è tornato a casa, ma è stato ricoverato al reparto di medicina, dove è deceduto due giorni dopo».
Le dimissioni dal pronto soccorso, dunque, ci sono state, seppur ai fini del trasferimento nel reparto di Medicina e non a casa. E ciò è attestato nel verbale di pronto soccorso, dove si legge: «Data e ora di ingresso 05/02/2017 14:08. Data e ora di dimissione 07/02/2017 02:57». L’Asp spiega che «secondo la relazione di servizio, il paziente, era stato visitato al pronto soccorso, già il 23 e 24 dicembre 2016. Dopo 38 giorni, l’1 febbraio 2017, si è recato al pronto soccorso del Vittorio Emanuele di Castelvetrano, e dimesso con la diagnosi febbre. È tornato il 5 febbraio scorso alle 14.58, e dopo una permanenza in pronto soccorso in osservazione per circa 30 ore, è stato ricoverato in Medicina il giorno 7 febbraio alle ore 02.57 con la diagnosi “addensamenti polmonari bilaterali”». L’azienda precisa ancora che «durante il ricovero sono state eseguite altre consulenze ed esami diagnostici. Il decesso è avvenuto nel reparto di medicina il 9 febbraio alle 01.45 per “arresto cardiorespiratorio in paziente con broncopolmonite bilaterale e insufficienza respiratoria”».
Una morte che, però, secondo i familiari dello sfortunato paziente, avrebbe dei responsabili. Non si spiegherebbe altrimenti la loro decisione di sporgere denuncia e di affidarsi a un legale, l’avvocato Francesco Fulgo. Ed è proprio quest’ultimo a spiegare che i familiari, almeno per il momento, preferiscono non parlare con gli organi d’informazione. Anche perché il dolore è ancora troppo forte.
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