Il presidente della Commissione regionale antimafia punta il dito contro i rischi di questo strumento da parte dei Comuni e ha avviato un censimento. Al momento sono arrivate risposte da un terzo degli enti locali siciliani interpellati sulla questione
Casteldaccia, appalti e assunzioni per la raccolta rifiuti I primi dati sugli affidamenti diretti: «Pratica rischiosa»
C’è anche il servizio per la raccolta dei rifiuti differenziati nelle carte dell’inchiesta che ha portato ieri all’arresto del sindaco di Casteldaccia Giovanni Di Giacinto e altre quattro persone In particolare, scrive il Gip, il sindaco avrebbe fatto ottenere a una società il servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti differenziati, inserendo anche «una ulteriore voce di spesa di 2500 euro mensili» accettando in cambio la promessa «di indebite utilità» dal legale rappresentante della stessa società che consisterebbero «nell’assunzione di sei lavoratori da lui indicati, con conseguente vantaggio patrimoniale degli stessi e nel ritorno positivo elettorale per sé». Da un’intercettazione riportata nell’ordinanza emerge che i 2500 euro in più sarebbero stati inseriti su suggerimento proprio del primo cittadino «quale costo mensile per l’utilizzo della piattaforma ambientale».
Un quadro che, a prescindere da quali saranno gli esiti dei fatti di cronaca, rimette al centro dell’agenda politica il tema delicato e sempre attuale della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nell’Isola e in particolare la questione dell’affidamento diretto del servizio da parte dei Comuni siciliani. «Una attività di gestione dei rifiuti frammentata non garantisce economie di scala e un servizio efficiente – ha affermato l’assessore regionale all’Energia Alberto Pierobon – e sarà esposta a maggiori rischi di infiltrazioni criminali. Le gare devono essere indette dalle autorità d’ambito per conto di tutti i Comuni che ne fanno parte. Questa è la situazione attuale in Sicilia, senza voler entrare nel merito delle notizie di cronaca. Lo avevano detto il governo nazionale, l’Autorità anticorruzione, la Corte dei Conti, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato: il sistema dei rifiuti in Sicilia va riformato». Il governo Musumeci è intervenuto con il Ddl presentato all’Ars e con il Piano rifiuti. Il piano «mette in sicurezza il settore stabilendo dei criteri e delle priorità secondo una visione strategica – precisa Pierobon – che porterà la Sicilia a una gestione ordinaria e trasparente».
Il ciclo dei rifiuti è finito sotto la lente di ingrandimento anche a seguito della vicenda legata a Bellolampo e alle denunce del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, ascoltato dalla Commissione regionale antimafia. Il problema dell’affidamento diretto è uno dei tre pilastri sui quali si sta muovendo da meno di un mese la commissione regionale Antimafia guidata da Claudio Fava. «Gli arresti di oggi nel comune di Casteldaccia – ha detto Fava – confermano i rischi e la pericolosità degli affidamenti diretti nel servizio di raccolta dei rifiuti, oltre a costituire uno dei principali elementi di un ingiustificato aumento del costo del servizio di raccolta».
Meno di un mese fa la commissione Antimafia ha chiesto a tutti Comuni una scheda contente uno storico dei dati sulle procedure di affidamento del servizio. Una mappatura mai fatta prima che prevede quindi un censimento della situazione Comune per Comune, con uno specifico focus sugli affidamenti diretti e in proroga in questo delicato settore. In particolare quando è stata avviata l’inchiesta sono stati delineati diversi macro-focus: uno che riguardava la situazione degli impianti, un altro sulle strutture pubbliche e il terzo riguardava proprio la partita degli affidamenti del servizio. Un lavoro che, al netto delle inchieste che ci sono state negli ultimi anni, vuole indagare più a fondo su chi gestisce il servizio e lo ha gestito: se una ditta con affido diretto o tramite una gara di evidenza pubblica, per sapere anche chi ha partecipato chi ha vinto, e tra questi se erano stati affidati tutti i servizi o meno.
Secondo fonti della Commissione sono al momento pervenute all’organo regionale le schede di circa un terzo di comuni siciliani e su questi quasi il 20 per cento utilizzerebbero ancora la pratica dell’affidamento diretto. Tra le risposte arrivate in Commissione mancherebbe anche quella di Casteldaccia. Si tratta di dati ovviamente parziali ma che se confermati traccerebbero già un primo quadro di come ancora oggi questa pratica non sia stata del tutto abbandonata anche se tendenzialmente sta via via scomparendo. Per quanto riguarda gli altri Comuni stanno ancora raccogliendo i dati e svolgendo particolari verifiche, dato che la Commissione ha chiesto loro un’anagrafica storica per capire se anche quei Comuni oggi stanno facendo una gara hanno in passato abusato della pratica dell’affidamento diretto. Il sistema degli affidamenti diretti, dicono dalla Commissione quindi, è quello più esposto a inquinamenti. Già la commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti di Camera e Senato diceva che quella dell’affidamento diretto è una procedura tra le più pericolose. Il punto oggi è che la Commissione cerca di andare oltre il fatto di cronaca per accendere i riflettori sul problema e si sta munendo di una mappatura e un quadro definito del servizio.