Il numero uno dell'Enac guiderà l'operazione di ricollocamento degli esuberi di Alitalia. «Tutte le compagnie che operano in Italia dovrebbero essere obbligate a pescare nella lista degli ex lavoratori Alitalia e lo stesso vale per gli aeroporti», ha dichiarato a Repubblica, facendo infuriare i cassaintegrati della low cost etnea. «Questa brillante idea gli è venuta solo adesso e solo per l'ex compagnia di bandiera che, ricordiamolo, dal 2008 è privata come quella in cui lavoravamo noi», commentano
Cassaintegrati Wind Jet contro Vito Riggio «Il presidente dell’Enac fa figli e figliastri»
«Vito Riggio finalmente si è svegliato, purtroppo però in Italia non esiste solo Alitalia e lui, in quanto presidente dell’Enac, dovrebbe saperlo». Sono arrabbiati gli ex dipendenti Wind Jet, la low cost di Antonino Pulvirenti che li ha lasciati a terra, assieme ai passeggeri, nell’agosto del 2012. Leggere le dichiarazioni che il presidente dell’Ente nazionale per l’aviazione civile ha rilasciato qualche giorno fa al giornale La Repubblica, riguardo all’obbligo che dovrebbero avere le compagnie operanti in Italia e gli aeroporti di attingere nella lista degli esuberi di Alitalia per le future assunzioni, ha risvegliato in loro tutta l’amarezza delle speranze deluse e delle richieste lasciate senza risposte in questi due anni.
«Tutte le compagnie che operano in Italia, comprese Ryanair e EasyJet, dovrebbero essere obbligate a pescare nella lista e lo stesso vale per gli aeroporti. Ma è chiaro che se ci sarà una ripresa del settore, le cose marceranno e potremo far riassumere questi lavoratori. Se invece la crisi persisterà, ammetto che sarà dura», ha dichiarato Riggio, che ha la responsabilità di smistare gli esuberi della compagnia che saranno coinvolti nell’operazione di ricollocamento promossa dall’Enac e dalla regione Lazio. «Noi speriamo da sempre che per le assunzioni le compagnie e gli aeroporti possano attingere da una lista di lavoratori esperti nel campo che non hanno più un posto di lavoro e non certo per colpa loro», dichiara un ex dipendente della compagnia siciliana da dicembre in concordato preventivo, Giuseppe Amato, che dice di rappresentare molti dei suoi colleghi con cui ha condiviso lo sfogo sul gruppo chiuso di Facebook. «Ma Riggio fa figli e figliastri. Esiste solo Alitalia, che tra l’altro non è più compagnia di bandiera dal 2008, ma privata come lo era Wind Jet», aggiunge. Un altro aspetto della vicenda ben chiaro al numero uno dell’Enac, che sta lavorando a un dossier da presentare alla Comunità europea sulla effettiva proprietà di Alitalia, che andrà per il 49 per cento ad Etihad, la compagnia aerea di bandiera degli Emirati Arabi Uniti, e per il 51 per cento a soci italiani.
Il presidente dell’Ente per l’aviazione civile, inoltre, si preoccupa non solo del collocamento degli ex Alitalia, ma anche della delicata questione che riguarda la formazione e il mantenimento delle certificazioni richieste nell’ambito aeronautico. «Occorrerà far fronte al loro mantenimento attraverso corsi che però hanno un costo. Per questo il governo dovrà prevedere di mettere a disposizione delle risorse per consentire a queste persone di non perdere il proprio status addestrandoli», dichiara a Repubblica e aggiunge: «L’Enac è uno dei pochi enti pubblici che riesce ad avere un bilancio in attivo, 600 milioni di euro in 10 anni, non una cosa da poco. Ma senza chiare indicazioni non potremo intervenire». Anche i dipendenti in cassa integrazione della Wind Jet sanno quanto è difficile mantenere in regola la certificazioni, «soprattutto se i soldi della cassa integrazione arrivano con mesi di ritardo, come è avvenuto fino a poco tempo fa», dichiara Amato. «Quest’anno anzi qualcosa si è sbloccato, rispetto all’anno scorso, e molti di noi stanno lavorando, la maggior parte con contratti stagionali – racconta – Io sono uno dei pochi ancora fermi perché non mi sono potuto pagare il corso della Meridiana che mi ha selezionato, e quindi mi hanno fatto la cortesia di far slittare l’inizio del contratto». Alle dichiarazioni di Riggio avrebbe voluto rispondere con una lettera, magari firmata anche dagli altri colleghi, ma alla fine non l’ha scritta perché «mi vengono in mente solo parolacce», dice.