Una storia, quella che ruota attorno alle intercettazioni tra il presidente della Regione Crocetta e il suo medico personale Tutino, dai contorni tutt’altro che lineari e chiari. Che coinvolge più personaggi, collegati tra loro e, chi in un modo e chi in un altro, collegati – più che allo “scandalo intercettazione” su cui ancora non si è fatto luce – alle indagini scattate prima dell’arrivo di Matteo Tutino all’Unità operativa di Chirurgia plastica di Villa Sofia e a quelle nate proprio dagli esposti presentati dallo stesso primario alla procura di Palermo, di cui si stavano occupando i Nas dei carabinieri capitanati dal comandante Mansueto Cosentino.
Fatti che porteranno ad indagini sul chirurgo Dario Sajeva, accusato da Tutino di aver gonfiato le cartelle cliniche. In un secondo momento, Tutino li racconterà all’ispettore della Digos, Giuseppe Scaletta, e li metterà anche nero su bianco in una lettera del 22 aprile del 2014 inviata, tra gli altri, al commissario straordinario Ignazio Tozzo (che prenderà il posto di Giacomo Sampieri a Villa Sofia, ndr), al direttore sanitario Requirez, all’ormai ex assessore Borsellino, al presidente della Regione Crocetta, al dottor Di Giannantonio della Digos e ai pm Agueci e Battinieri. Una lettera in cui, come si legge, denuncia un «insolito accanimento da parte dei Nas» sul suo operato, la poca familiarità in materia di chirurgia plastica e chirurgia estetica, di «molti speculatori e personaggi che anche se laureati in medicina e chirurgia hanno difficoltà a capire le norme entro cui la chirurgia plastica ha il diritto di muoversi», e la gogna mediatica a cui era sottoposto, rivelando anche la presenza di giornalisti nel reparto, il giorno della perquisizione, ancora prima dell’arrivo dei Nas.
Tutino, com’è noto, ha denunciato fatti che erano accaduti nel suo reparto in anni precedenti al suo arrivo, tra cui le Sdo falsificate (le schede di dimissione ospedaliere, ovvero lo strumento di raccolta delle informazioni relative a ogni paziente dimesso dagli istituti di ricovero pubblici e privati in tutto il territorio nazionale, ndr), di cui si trova traccia anche nella deposizione resa da Lucia Borsellino il 26 marzo 2014 ai pm Agueci e Battinieri e al capitano dei Nas Cosentino. Nelle prime pagine di quel verbale si leggono le dichiarazioni dell’ex assessore alla Sanità sui dati relativi al quarto trimestre 2013 dell’azienda Villa Sofia-Cervello che evidenziavano un disavanzo e perdite significative per circa 13 milioni di euro. «Secondo quanto sostiene la direzione aziendale, il disavanzo dipende da un abbassamento della produzione rispetto al 2012 in cui pare la produzione fosse maggiore, ma – si legge – anche dall’erogazione di prestazioni inappropriate, legata alla vicenda delle Sdo falsificate. Ma questa cosa da sola comunque non giustificherebbe un disavanzo di quelle entità. Si parla di falsificazione Sdo comunque della gestione precedente a quella del commissario Sampieri (oggi indagato e sospeso da servizio, ndr)».
E di ciò che accadeva e “subiva” a Villa Sofia, Tutino aveva informato l’ispettore Scaletta, marito della dottoressa Bajamonte, l’embriologa clinica, presidente dell’IVF Mediterranean Centre, coinvolta nella storia delle intercettazioni perché, secondo quanto riportato da alcuni giornali, sarebbe la persona con cui Tutino voleva aprire, in barba ad ogni regolamento, la banca dei tessuti e PMA. Sulle pagine di MeridioNews, la professionista nelle scorse settimane ha smentito quanto è stato pubblicato in merito alla banca dei tessuti e alle presunte anomalie nella gestione, raccontando la sua verità e documentandola con gli allegati che vi abbiamo mostrato.
Proprio per questo legame, Scaletta non era il coordinatore delle indagini ma tra le sue funzioni rientrava comunque il dover informare di eventuali aggiornamenti o fatti di cui fosse venuto a conoscenza. «Ed è quello che ha fatto – dice a MeridioNews, Bajamonte -. E quelle indagini si conclusero con un avviso di garanzia per Tutino e l’archiviazione da parte del gip Lorenzo Matassa per il dottor Dario Sajeva – accusato di truffa e falso – su richiesta del pm Battinieri».
Il provvedimento di sospensione dal servizio dell’ispettore, poliziotto di spessore e con grosse indagini e operazioni alle spalle riconosciute e ben note a chi del mestiere, è stato notificato ieri. «E’ stato sospeso perché – continua la moglie – con la sua condotta avrebbe emanato ordini che non erano attinenti al suo servizio e tenuto un comportamento comunque non conforme al decoro delle funzioni».
Già dalle dichiarazioni che ci aveva rilasciato Bajamonte erano emersi nomi e circostanze che sono collegati al provvedimento di sospensione del marito. Legami di amicizia in alcuni casi e in altri comunque tali da giustificare anche scambi di sms e richieste di appuntamenti.
Sono almeno 3, per iniziare, i personaggi che emergono: Francesco Bongiorno, il biologo, segretario particolare dell’(ex) assessore alla Sanità Lucia Borsellino e consulente per le politiche socio sanitarie per l’immigrazione e , un poliziotto della Digos, amico di Bongiorno, e Piero Messina, il giornalista dell’Espresso autore dell’articolo sulla intercettazione tra Crocetta e Tutino.
Secondo quanto apparso su la Repubblica dello scorso 24 luglio, Bongiorno ha dichiarato ai Nas e, dunque, alla procura di aver conosciuto l’ispettore Scaletta “per caso” in occasione della proposta di Mirta Bajamonte di voler realizzare il suo progetto a Villa Sofia: «Mi fu presentato (Scaletta, ndr) da un suo amico poliziotto – si legge sul quotidiano -, poi conobbi anche la compagna».
«Suo di chi? – si chiede Bajamonte – La persona che ci ha fatto da tramite con Bongiorno è un poliziotto sì, ed è lo stesso poliziotto che dopo qualche giorno mi presentò la moglie, biologa, per una eventuale “collaborazione” nel progetto di PMA e che inoltre è “compare d’anello” di Francesco Bongiorno, con cui aveva frequentazioni strette, per quel che ci risulta. Questo agente della Digos è la stessa persona che ha fatto scattare, in seguito, il provvedimento disciplinare nei confronti di mio marito. Il provvedimento nei suoi contenuti dimostra una volontà “superiore” nel volerlo colpire a discapito di quanto prodotto a difesa del suo operato. Ad “accusarlo” – aggiunge – ci sono personaggi come Francesco Bongiorno e il suo compare d’anello e viene coinvolto anche Piero Messina che li smentisce categoricamente».
Ma cosa hanno a che fare questi personaggi con il procedimento disciplinare e con l’intercettazione Tutino-Crocetta, dalla quale l’ispettore Scaletta ne esce sulla stampa come “la talpa” di Tutino? Ed è qui che la vicenda dell’ispettore Scaletta sembra essere legata a Villa Sofia e che la vicenda del progetto banca dei tessuti-PMA, che coinvolge la moglie, sembra scorrere in modo parallelo. Un progetto, quello della Bajamonte di aprire dei centri di PMA di I, II e III livello presso strutture pubbliche, bloccato sul nascere quando prova a realizzarlo a Termini Imerese prima e poi a Ragusa. Proprio in quest’ ultima occasione a fine maggio 2013 l’embriologa si recò a Ragusa ed ebbe un incontro con Bongiorno, Angelo Aliquò il commissario straordinario Asp Ragusa, Giuseppe Giudice il primario dell’ospedale di Ragusa, il responsabile del consultorio di Modica e Vittoria e un maresciallo dei Nas di Ragusa.
Dopo le due fumate nere, l’ennesimo tentativo fu fatto, dietro suggerimento di Bongiorno, con Villa Sofia e quindi con Tutino, perché lì si voleva realizzare una banca dei tessuti, «progetto che poteva benissimo sposarsi con il mio – spiega l’embriologa – dal momento che, ormai da anni, i centri di PMA sono riconosciuti banche dei tessuti dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore della Sanità». Un progetto che “stava facendo gola a molti” come emerge da un passaggio delle intercettazioni di Tutino che dice: «ll dirigente (Sammartano, ex direttore generale assessorato Sanità, ndr) voleva inserire un gruppo dell’Emilia Romagna. Io mi sono insospettito, so che sono gruppi dell’estero, legati a Cittadini, io domani mattina vorrei capire… mi presento in assessorato, che imbrogli ci sono dietro…»
Tutino ha più volte dichiarato di essere vittima di un complotto, il cui mandante, scriveranno alcuni giornali nel giugno 2014, sarebbe un parente di un alto dirigente nazionale dei Nas. Ha denunciato colleghi e illeciti nella gestione delle Sdo, gonfiate per aumentare la redditività dell’ospedale, e altre anomalie, ha denunciato pressioni dei Nas che saranno oggetto dell’esposto presentato alla procura nell’aprile del 2014. Denunce finite con: l’archiviazione, lo scorso aprile, per Sajeva, il rientro, due settimane fa, nell’unità operativa di Chirurgia plastica e maxillo facciale di Villa Sofia dei medici Daniela Bagnasco, Giuseppe Lo Baido, Francesco Mazzola e – di contro – con l’arresto dello stesso Tutino e lo scorso 30 luglio, con la sospensione per un anno dell’ex commissario Sampieri e l’interdizione anche per gli altri due indagati, Maria Concetta Martorana e Damiano Mazzarese. Nonché con la notifica del provvedimento di sospensione all’ispettore Scaletta.
Sul fronte “intercettazione” al momento non vi è nulla di nuovo, si sa solo che ieri l’avvocato dei giornalisti ha chiesto l’incidente probatorio e quindi di avere tutte le intercettazioni, telefoniche e ambientali, incluse quelle ritenute inutilizzabili e non trascritte. Il tutto per trovare quella intercettazione, o meglio «il brano di un audio – come scrive l’Espresso – che a maggio 2014, uno degli investigatori fa ascoltare ai cronisti Messina e Zoppi», e che a distanza di poco più di un anno, il 2 luglio scorso, lo stesso investigatore, “ricorderà” a Messina. Un’intercettazione sulla cui esistenza e soprattutto sulla sua presunta diffusione ai giornalisti, gli investigatori hanno ascoltato anche il capitano dei Nas Mansueto Cosentino, comandante del nucleo della Sicilia occidentale fino al 3 maggio 2014 quando è stato trasferito a Desio.
AGGIORNAMENTO: Abbiamo cercato di metterci in contatto telefonicamente con Francesco Bongiorno per una eventuale replica alle dichiarazioni della dottoressa Bajamonte, ma non abbiamo avuto risposta.
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