Da un lato scenate, capricci e minacce di omicidio. Ma anche di finti suicidi a favore di telecamere e cronisti. Dall’altro almeno quattro uomini, alcuni tra i più più potenti della Regione siciliana nella scorsa legislatura, impegnati nella loro personale parabola che dalla condiscendenza verso la protagonista di questi colpi di testa passano all’esasperazione. Sembra scritta per il teatro la vicenda della dipendente della Società degli interporti siciliani Cristina Sangiorgi, al centro dell’indagine che ha portato al suo arresto ai domiciliari insieme all’amministratore della Sis, Rosario Torrisi Rigano, e all’ex deputato regionale Nino D’Asero – legato alla donna da una relazione sentimentale – e all’imprenditore Luigi Cozza per una vicenda parallela. Indagati anche l’ex assessore regionale alle Infrastrutture e attuale titolare dell’Economia Marco Falcone, il coordinatore della sua segreteria e suo alter ego Pippo Li Volti e l’ex assessore all’Economia nonché già vicepresidente della Regione Gaetano Armao.
Una sceneggiatura a dire il vero un po’ ripetitiva, di quelle che – a voler essere generosi – scavano alla ricerca delle debolezze umane dietro al potere. Una su tutte, quella di Nino D’Asero, ex deputato regionale di Biancavilla, nel Catanese, con una parentesi anche da assessore al Comune etneo. Tirato continuamente per la giacca dalla donna con cui ha instaurato una relazione e spesso in difficoltà nel porre un freno alle sue richieste e minacce. Riassumibili in due questioni alternative: il miglioramento del suo profilo lavorativo all’interno della Sis oppure la cacciata dell’amministratore della società Torrisi Rigano. Reo di averla licenziata, anche a causa di un finto titolo di studio – una laurea mai conseguita -, per poi essere costretto a reintegrarla, grazie agli «amici della Regione». Eppure questo salvataggio in extremis non sembra essere bastato a Sangiorgi che, nelle sue telefonate a D’Asero, non nasconde la sua insoddisfazione. Dicendosi pronta, qualora fosse necessario, a denunciare tutti: assessori compresi. Dalla sua, la donna imputa a Torrisi Rigano anche due illeciti: aver sottratto quasi tremila euro dal conto della Sis – pur restituendoli maggiorati – e una gestione opaca dell’appalto per la concessione del polo logistico dell’interporto di Catania. Temi che rientrano nel resto dell’indagine.
Un braccio di ferro tra i due che si consuma in un continuo giro di telefonate. A mediare per Sangiorgi con Torrisi Rigano è soprattutto Pippo Li Volti. «Vedi se le puoi dare qualche incarico, così lei è tranquilla e siamo tutti sereni va», dice il segretario di Falcone in una delle tante telefonate sul tema riportate nell’ordinanza di custodia cautelare. Parlando della «bella signora» che, presto, nel turbinio di richieste sempre più pressanti, diventa la «pazza». Anche per gli alti toni espressi da Sangiorgi con D’Asero in più occasioni: dai «Io non voglio sapere più niente della tua Regione, degli amici tuoi. Io farò il nome di tutti, tutti!» ai «Vedi che faccio correre tutta Catania, mi metto qui sulla balconata e gli dico che mi butto se non viene il procuratore qui sotto, se non viene Falcone e non viene Musumeci». A poco servono i delicati tentativi di D’Asero di ricordarle come Falcone si sia speso per farle riottenere il suo posto di lavoro. «Ti ho spiegato una volta, due… che io, personalmente, devo essere riconoscente di quello che hanno fatto per te», è uno dei tentativi di opposizione dell’ex deputato davanti alle minacce di Sangiorgi: dalla promessa di accoltellare personalmente Torrisi Rigano al desiderio di vederlo vittima di una pratica tipica di Vlad l’impalatore (ma con meno giri di parole).
Davanti alle insistenze di Sangiorgi, che non vede ancora rimosso il suo capo nonostante le continue mediazioni di D’Asero con Li Volti e Falcone, l’ex deputato tenta un’altra carta. Anzi almeno due: Antonio Brunetto, capo di gabinetto dell’allora assessore Gaetano Armao, e Donatella Milazzo, a capo della sua segreteria, entrambi non indagati. Ma impegnati a rassicurare D’Asero dell’interesse dell’assessore, a loro dire, per la rimozione di Torrisi Rigano, anche a costo di chiudere l’intera Sis. «Appena mi sono insediato ho pensato a te», dice Brunetto; «Questo significa difendere la legalità», risponde D’Asero. Con un solo piccolo problema: che a occuparsi di licenziare l’amministratore dev’essere chi l’ha nominato, ossia l’allora governatore Nello Musumeci. Pochi e vaghi i contatti diretti tra D’Asero e Armao, che però vedono l’ex vicepresidente regionale protagonista a sua insaputa di uno dei momenti con più pathos della vicenda.
A provocare un nuovo scatto d’ira di Sangiorgi è infatti il mancato saluto di Armao alla signora in occasione di una visita dell’ex assessore alla sede Sis. Un’onta da lavare quantomeno con una «protesta eclatante», anche a mezzo social. Minaccia espressa a D’Asero il quale, dal canto suo, chiede ad Armao di tornare indietro e porre rimedio al mancato omaggio. Richiesta rimasta inascoltata e che scoccia non poco l’ex titolare del Bilancio, il quale invita Torrisi Rigano a parlare direttamente con D’Asero per trovare una soluzione informale e risolvere l’annosa questione. Non sapendo però che l’idea gli si sarebbe ritorta contro con la richiesta del politico di Biancavilla di occuparsene lui stesso. «Io non ho niente da dirgli – risponde l’ex vicepresidente regionale – come si può giustificare l’attenzione di un assessore per una singola dipendente su quattromila?». In un crescendo di esasperazione che coinvolge tutti i protagonisti della storia. E che culmina con una domanda dello stesso amministratore Sis: «Io non lo so questa chi è, la figlia sconosciuta di Mattarella?». Per poi giurare di non voler mai più accettare una nomina politica. Perché «ho avuto esperienze in altre società, ma mai in una fogna di questo genere».
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