Oggi gli esperti di Messina dovrebbero finalmente dare conferme sulla suola di scarpa e il pezzo di sacco ritrovati negli scavi di gennaio. Il legale della famiglia si dice ottimista: «Finalmente l'inchiesta ha imboccato la strada giusta»
Caso Maiorana, da esami Ris possibile svolta indagini «Sempre sospettato un coinvolgimento di Alamia»
«Ci aspettavamo da tempo una mossa del genere da parte della Procura di Palermo». Giacomo Frazzitta, legale della famiglia Maiorana, commenta così la notizia dei due avvisi di garanzia diramati nei confronti di Francesco Paolo Alamia, noto costruttore palermitano, e dell’imprenditore Giuseppe Di Maggio, indagati per l’omicidio di Antonio Maiorana e del figlio Stefano, i due imprenditori scomparsi il 3 agosto 2007. «Questa nuova linfa e determinazione che vediamo nel pool impegnato sul caso rende certamente più speranzosa la signora Rossella Accardo, che non si è mai arresa» dice ancora il legale, fiducioso dell’ottimismo mostrato dai pm Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene che coordinano le indagini. «I due indagati di oggi rappresentano una speranza di poter giungere a una giustizia».
Dopo l’archiviazione del caso nel 2014 e la riapertura a giugno 2015, lo scorso gennaio finalmente una luce: durante dei nuovi scavi vengono ritrovati dei reperti che, ad oggi, non sono stati ancora analizzati. «Si tratta di reperti ritrovati all’interno di un pozzo in un terreno di Villagrazia di Carini – riprende a dire Frazzitta – Una suola di scarpa e un pezzo di sacco di tela con delle macchie rosse». Proprio oggi si attendono i risultati delle analisi effettuate dal Ris di Messina. «Si tratta di indagini molto mirate che portano proprio verso la nostra tesi iniziale, cioè quella della soppressione dei corpi di Antonio e Stefano» dice il legale. Gli scavi si sono concentrati in quella zona specifica per via degli agganci dei telefonini alle cellule dei ripetitori presenti in quei luoghi, «non so cos’altro abbia spinto a investigare proprio dentro a quel pozzo» confessa l’uomo a MeridioNews.
Fra i protagonisti di questa indagine si sono alternati negli anni anche diversi pentiti. Primi fra tutti, Massimo Ciancimino e Francesco Campanella. Seguiti dall’ex boss dell’Acquasanta, Vito Galatolo, che avrebbe escluso davanti agli inquirenti un ipotetico coinvolgimento della famiglia mafiosa dei Lo Piccolo, al vertice di Cosa nostra all’epoca della scomparsa dei due imprenditori. «Io credo che Vito Galatolo non c’entri nulla col caso. La Procura ha fermamente smentito alcune sue dichiarazioni trapelate tempo fa» asserisce Frazzitta, riferendosi all’ipotesi del pentito che i due corpi si troverebbero nel cantiere di Isola delle Femmine, presso il quale i due Maiorana stavano lavorando nel 2007.
«Che Alamia fosse coinvolto lo abbiamo verificato e segnalato fin da subito. Dagli atti, inoltre, emerge chiaramente che ad Alamia possa appartenere un pezzo di questa vicenda, ora quanto sia o meno colpevole di un reato di omicidio e di occultamento di cadavere io non lo so – riprende il legale – Dai tabulati risulta in quella mattina uno strano viavai di chiamate da parte dell’indagato fra le 5.30 e le 7, un traffico telefonico notevole e che ci ha sempre insospettito». Un altro tassello importante potrebbe essere rappresentato da Karina Gabriela Andrè, socia della Calliope Immobiliare e compagna di Antonio Maiorana all’epoca dei fatti, che però è sparita nel nulla. «Non sappiamo più nulla, abbiamo cercato di rintracciarla ma non si sa dove sia finita» conclude il legale.