Caso La Vardera, Noi con Salvini alza il tiro «Contro di lui agiremo anche in sede penale»

«Non vogliamo tutelare uomini politici o partiti ma non è immaginabile che la democrazia possa diventare un Truman show. Per questo agiremo in sede penale e civile». Così Alessandro Pagano, segretario regionale per la Sicilia occidentale di Noi con Salvini annuncia i primi provvedimenti del suo partito nel corso di una conferenza stampa indetta all’Hotel Plaza Opera di Palermo sul caso La Vardera dal titolo Il grande imbroglio.

La Vardera è accusato di aver ordito una finta candidatura per girare un documentario sulla politica ma Pagano ha chiesto al giudice di «esaminare i filmati girati per valutare se vadano oltre l’esercizio del diritto di cronaca». Non hanno potuto visionare quel girato i suoi ex compagni di partito, e «si sa in fase di montaggio si possono fare diverse manipolazioni», prosegue Pagano e poi aggiunge: «Un conto sono le riprese pubbliche per esercitare il diritto di cronaca, un conto è il taglia e cuci per fare dileggio e diffamazione. Quando telecamere nascoste riprendono colloqui privati con riprese clandestine si configurano i margini per contestare questo operato non solo dal punto di vista etico, ma penale e civile. Al giudice abbiamo chiesto di visionare i filmati per fare delle verifiche. C’è stato poi un notevole dispendio economico, segno di una cabina di regia di alto livello che ha ordito una pianificazione e ha contato su un’equipe, non possiamo pensare sia frutto di una casualità».

L’udienza civile è stata fissata per il 13 luglio. «L’articolo 700 presuppone il danno grave e irreparabile – ha detto in proposito Francesco Greco l’avvocato che lo assisterà nella causa civile – ma a un partito politico o a un movimento il risarcimento del danno interessa poco. Questa è una giornata buia per la democrazia. Non sappiamo cosa ci sia in questi filmati, ma non possiamo far passare il messaggio che dalla politica attraverso lo spettacolo si possano violare le regole della democrazia». La novità però riguarda il profilo penale: in questa sede il ricorso è stato presentato invece da una decina di elettori, a rappresentare Pagano è l’avvocato Nino Caleca, che entra nel dettaglio del reato che si profila, cioè quello di «Turbativa di procedura elettorale – dice -. Si tratta di una fattispecie che costituirà un precedente in Italia perché è stata turbata la competizione elettorale. Secondo la norma ciò può avvenire tramite violenza, minaccia, inganno. Se la procura e gli investigatori riescono a dimostrare che c’è stato un accordo precedente alle elezioni, allora c’è stato inganno. La denuncia penale tutela la libertà di voto e la scelta democratica. Così anche grandi capitali potrebbero inquinare qualunque tipo di elezioni, quei settemila voti potevano essere ad esempio dirottati su altre liste».

«È un procedimento intentato non a difesa del politico ma del processo democratico. È stata sfruttata la formale candidatura a sindaco per entrare nei retroscena della politica. La democrazia non può essere calpestata – ha proseguito Alessandro Pagano – Il nostro candidato ci è sembrato disinteressato alla competizione elettorale e i partiti non se ne sono accorti, ma si è pensato fosse frutto di inesperienza. I cittadini erano ignari, lo hanno sostenuto e questo lo trovo riprovevole. Ho chiamato più volte La Vardera dopo la lite con Benigno e non mi ha mai risposto. La stessa sorella di Ismaele dice che suo fratello vuole aprire gli occhi sui retroscena della politica. Queste parole la dicono lunga su un disegno che viene da lontano. Questa vicenda ci ha rattristati, abbiamo sempre mantenuto il silenzio stampa per non turbare l’esito delle elezioni, ma tutto questo ha fatto inorridire gli elettori. La scelta di La Vardera era un messaggio generazionale, il suo stesso curriculum era all’interno di un percorso antimafia».


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