Caso Giordana, confermati 30 anni per l’ex ragazzo Il 27enne ha confessato ma nega la premeditazione

Confermati 30 anni di reclusione per Luca Priolo, il 27enne che il 6 ottobre del 2015 ha ucciso con 42 coltellate la sua ex convivente Giordana Di Stefano, la ventenne con cui aveva avuto anche una figlia. La conferma arriva dalla terza sezione della corte d’Assise d’Appello di Catania. La sentenza di primo grado era stata emessa il 7 novembre del 2017 dal giudice per le indagini preliminari a conclusione del processo con il rito abbreviato

Riconosciuto un risarcimento alle parti civili, assistite dall’avvocato Ignazio Danzuso: genitori, sorella e figlia di Giordana Di Stefano, Asia che assunto il cognome della madre. Priolo, che ha confessato il delitto, continua a negare la premeditazione, ribadendo che il movente è da collegare a un «raptus dovuto alla volontà di lei di non revocare la denuncia per stalking» nei suoi confronti. La prima udienza per l’accusa di stalking si sarebbe dovuta celebrare proprio il giorno del femminicidio che, da più parti è stato considerato «annunciato».

La ventenne, nell’ottobre 2013, aveva presentato una querela nei confronti dell’ex fidanzato: sms assillanti e appostamenti sotto casa l’avevano spinta a denunciarlo dopo la fine di una tormentata relazione da cui era nata anche una bambina. Per l’affido esclusivo di quest’ultima i due avevano in corso una causa civile. La donna aveva presentato la richiesta, accettata dal padre in cambio del ritiro della denuncia per stalking. Priolo avrebbe voluto, infatti, chiudere il procedimento per il rilascio del porto d’armi, necessario per ottenere un posto da guardia giurata al quale avrebbe aspirato.

Il corpo della donna, ballerina e mamma, era stato trovato in via Mompeluso, nelle campagne della periferia di Nicolosi, a pochi passi dalla sua Audi A2. La giovane era stata raggiunta da molti colpi di coltello all’addome, al torace e alla gola. La madre di Giordana – Vera Squatrito, da allora in prima linea per tutelare la memoria della figlia – ne aveva già denunciato la scomparsa. Dopo il delitto, Priolo era fuggito con l’intenzione di arrivare in Svizzera. Prima con la macchina della madre, una Chrysler Spark bianca ritrovata alla stazione di Messina, e poi con un treno diretto a Milano. È nel capoluogo lombardo che il 25enne compie il passo falso che permette alle forze dell’ordine di individuarlo. Invia un sms al padre da un cellulare chiesto in prestito a un passante: «Sono nei guai, aiutatemi e mandatemi dei soldi», è la richiesta che arriva nel momento in cui il genitore è interrogato dai carabinieri. Pochi minuti dopo, l’arresto e la confessione. 


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