Tra chi utilizza gli animali nelle ricerche dei dispersi c'è anche il Soccorso alpino. «Ci spiace non aver potuto dare il nostro apporto», dichiara Franco Del Campo che a MeridioNews spiega come il fiuto possa essere disturbato da alcuni fattori
Caronia, i resti umani non fiutati dai cani molecolari Esperto: «Più difficile quando la scena è contaminata»
«Ho cercato dove gli altri non sono andati. Trovarlo è stato un dono di Dio. Il povero corpicino era martoriato, straziato dagli animali». Al sedicesimo giorno di ricerche, ieri mattina intorno alle 10.28, i resti del corpo di un bambino – che sin da subito è stato definito dagli inquirenti «quasi certamente» quello di Gioele Mondello – è stato Giuseppe Di Bello, il 55enne di Capo d’Orlando ex carabiniere in congedo e appassionato ricercatore di funghi che aveva con sé solo un falcetto con cui si è fatto strada tra la fitta vegetazione. Una parte del tronco, un femore e un ciuffo (che potrebbe essere di capelli o di peli di animali selvatici), a decine di metri di distanza e dopo diverse ore anche una parte della testa e degli oggetti e indumenti.
Le ricerche
Per più di due settimane a setacciare i boschi del circondario di Caronia (Messina) sono stati impegnati un centinaio di uomini ogni giorno: vigili del fuoco, protezione civile, poliziotti, finanzieri, volontari, militari dell’esercito, carabinieri del reparto Cacciatori di Sicilia. Non solo uomini, anche droni e cani specializzati addestrati nella ricerca di resti umani. In molti si chiedono come sia possibile che nemmeno i cani molecolari abbiano trovato prima questi resti umani? In quelle campagne da dieci giorni erano a lavoro tre cani molecolari da Palermo ai quali, circa una settimana fa, se ne erano aggiunti altri due provenienti dalla squadra cinofili della polizia di Stato di Milano Malpensa. A dirigerli sul campo è stato il responsabile dell’unità cinofila Paolo Linardi, che è anche il capofila del progetto che, dal 2012, ha portato alla creazione di questa specifica unità che opera su tutto il territorio nazionale.
I cani molecolari
«Si tratta di cani addestrati alla ricerca di tracce ematiche e cadaveri – ha spiegato Linardi in collegamento da Caronia durante lo speciale di Chi l’ha visto? – anche seppelliti o occultati dentro pozzi». Eppure i resti del corpo di questo bambino – solo l’esame del dna potrà dire se si tratta di Gioele – dai cani non sono stati percepiti, pur essendo in superficie. «Di solito i cani molecolari sono dei Blood hound – spiega a MeridioNews il presidente del soccorso alpino Francesco Del Campo – Una razza che strutturalmente e anatomicamente è adatta per cercare piccole tracce molecolari che riescono a seguire su una pista dopo una prima fase di inizializzazione». In pratica, dopo avere annusato un oggetto il cane riesce a seguirne le eventuali tracce. «La cosa fondamentale è che i cani devono essere addestrati in modo specifico – analizza Del Campo – per la ricerca in superficie, nelle valanghe, tra le macerie o molecolari. Ovviamente – precisa l’esperto – ci sono condizioni che rendono le ricerche più difficili: per esempio, se il soggetto passa per quei luoghi abitualmente oppure se il terreno è stato contaminato da troppe tracce diverse. Il cane – sottolinea – non è un computer ma ha un altissimo istinto olfattivo che deve essere addestrato con il condizionamento a istinto». Gli uomini del soccorso alpino non sono stati coinvolti dalla prefettura di Messina nelle ricerche tra i boschi di Caronia. «Ci portiamo dietro l’amarezza di non avere potuto dare il nostro contributo – dice Del Campo – e di avere dovuto assistere da spettatori a questa tragica vicenda».
I droni
In un’area così impervia anche l’utilizzo dei droni non è stato risolutivo. Il vicedirigente del comando provinciale dei vigili del fuoco di Messina Ambrogio Ponterio, che dal primo giorno coordina le ricerche, ha spiegato che «i droni dall’alto con questa fitta vegetazione non riescono a vedere ciò che è nascosto dalla boscaglia. Le zone vanno esaminate a vari livelli». L’ex carabiniere che ha trovato i resti umani a duecento metri dall’autostrada e a circa mezzo chilometro dal traliccio dell’Enel dove, l’8 agosto, è stato ritrovato il cadavere di Viviana Parisi «è un conoscitore dei luoghi – ha detto ancora Ponterio – Aveva un falcetto che gli consentiva di passare dove riescono a intrufolarsi gli animali selvatici». «Abbiamo sempre pensato si trovasse in questo posto, ma non mi interessa chi lo abbia cercato e trovato, l’importante è che sia stato trovato», ha commentato il procuratore di Patti Angelo Cavallo dopo diverse ore di sopralluogo.
I dubbi
Intanto il Codacons ha denunciato «l’assurdità di una vicenda terminata con la scoperta del corpo a pochi centinaia di metri dall’autostrada nella zona del punto indicato dai testimoni per l’ultimo avvistamento della madre». Il riferimento è ai turisti del Nord Italia che si sono fatti vivi dopo giorni di appelli e hanno confermato che il bambino era vivo dopo l’incidente. «Sarebbe bastato un volontario, evidentemente più esperto ed efficace rispetto ai tanti reparti impegnati nella ricerca – continuano – per mettere la parola fine a questa triste vicenda: un fatto assurdo e inaccettabile, che richiederebbe severe indagini nei confronti di chi quella ricerca ha diretto e coordinato». Dal Codacons chiedono adesso di accertare le tempistiche del decesso. «Se l’autopsia stabilirà che la morte è avvenuta dopo qualche tempo dalla scomparsa, sarà necessario indagare per omicidio colposo i responsabili delle ricerche e l’intera catena di comando che ha diretto le operazioni».