Caro presidente Crocetta, l’Imu ha violato lo Statuto della nostra Isola: che facciamo?

L’approssimarsi delle elezioni è un momento quasi magico per gli elettori (o, almeno, per quei pochi che ancora vanno a votare). Viene data loro la possibilità, unica nel suo genere, di vedere e di valutare quanto siano attendibili e affidabili le affermazioni dei candidati al ruolo di HOMO POLITICUS. Per provare questa sensazione, davvero unica nel suo genere, è sufficiente dare un’occhiata a ciò che è successo nel recente passato e vedere se i candidati scelti sono stati capaci di trasformare in realtà i sogni con cui hanno riempito media e giornali in vista del voto.

È il momento in cui i candidati fanno promesse e si impegnano, a risolvere i problemi che affliggono gli elettori e la società una volta per tutte.

Basta dare un’occhiata a ciò che è successo negli ultimi vent’anni, però, per capire che fino ad oggi nessuno ha saputo mantenere le promesse fatte. Il debito pubblico continua a crescere, il Pil continua a scendere, la disoccupazione aumenta e, nonostante le affermazioni di qualcuno, il quale, poche settimane prima di dimettersi da Presidente del Consiglio per non essere riuscito a contenere la voragine che aveva creato nei conti pubblici, affermava che “gli italiani in realtà stanno bene”, la situazione continua a peggiorare.

Che fine hanno fatto le promesse dei candidati alle scorse elezioni? E quelle fatte dai candidati alle elezioni precedenti? Eppure, non sarebbe difficile verificare se ciò che è stato promesso è stato, poi, mantenuto.

Ad esempio, nel 2005, l’allora Governo Berlusconi fece una promessa (a chi però non è detto) di far approvare una legge con cui esentava tutti gli immobili ecclesiastici, a prescindere dal loro utilizzo, dal pagamento dell’Ici. La conseguenza di questa scelta è che questa norma, recentemente dichiarata illegittima dalla Commissione Europea, ha costretto il nostro Paese al pagamento di una sanzione, impedendo, però, al tempo stesso (non si capisce perché) di riscuotere le somme dovute dalla Chiesa e dagli enti no profit. Poco dopo, sempre il Governo Berlusconi, “promise” che avrebbe cambiato l’Ici in Imu, salvo poi sospenderne temporaneamente l’applicazione.

Nel 2012, il Governo Monti, ligio al mandato ricevuto e alle promesse fatte (di “ridurre il debito pubblico” e di “salvare l’Italia dalla crisi”), con l’appoggio di quasi tutti i partiti che, con tale gesto, se ne sono assunta la responsabilità, ha adottato diversi provvedimenti che, probabilmente, non erano dovuti e che, di certo, non sono serviti allo scopo per il quale sono stato adottati A dimostrarlo è il debito pubblico del nostro Paese che non è diminuito di un centesimo, ma che, anzi, continua a crescere a vista d’occhio (http://www.montescaglioso.eu/).

Ovviamente nessuno dei partiti “maggiori” ha proferito parola, né quando alcune di quelle imposte sono state proposte, né quando le stesse sono state presentate in Parlamento, né, infine, quando sono state “imposte” ai cittadini.

Il Governo le ha proposte alle Camere che le hanno approvate e poi passate alle amministrazioni locali che le hanno applicate. Nessun HOMO POLITICUS si è preso la briga di valutare aspetti come la legittimità delle stesse che, pure, le autorità competenti e a ciò preposte avevano messo in dubbio.

Per esempio, dietro la promessa di risanare, grazie ad essa, i conti pubblici, nessuno ha ascoltato le voci (poche e sollevate in Parlamento da Nino Germanà, Gabriella Giammanco, Enzo Gibiino, Vincenzo Antonio Fontana e Dore Misuraca) di chi avvertiva del madornale errore che si stava commettendo introducendo l’Imu, una norma che pare violi una quantità di leggi da far quasi sorridere. L’Imu violerebbe, infatti, non uno, ma ben tre articoli della Costituzione: l’articolo 3 (il principio di uguaglianza: perché l’imposta “colpisce la titolarità dei beni immobili, in modo erratico e casuale, senza considerare correttamente il loro valore e la situazione personale dei soggetti passivi”), l’articolo 47 (“il risparmio, ‘in tutte le sue forme’, deve necessariamente costituire oggetto di una specifica tutela da parte dello Stato e il diritto all’accesso al risparmio e alla proprietà della casa deve essere valutato su un ragionevole bilanciamento da parte del legislatore tra gli interessi costituzionalmente rilevanti”. Cosa che è palesemente in disaccordo con quanto attuato con l’IMU) e l’articolo 53 (obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva: e invece l’Imu prescinde dalla situazione patrimoniale/reddituale dei titolari degli immobili).

Grazie a ciò il debito pubblico non si è ridotto di un centesimo (anzi, secondo alcuni studiosi, il ricorso a questo tipo di accanimenti fiscali non farebbe altro che peggiorare la situazione). Ma se l’errore contenuto nella forma della norma (oltre che nella sostanza) era tanto palese, come mai nessun HOMO POLITICUS di quelli in carica o, peggio (perché, in questo caso, la responsabilità di ciò che è avvenuto sarebbe palese), di quelli che vorrebbero essere rieletti, è intervenuto?

Anche la nostra Regione siciliana ha le proprie responsabilità. L’applicazione dell’Imu in una Regione come la Sicilia, secondo lo Statuto autonomo avrebbe imposto un procedimento di modifica dello stesso Statuto. Cosa che, però, non è mai avvenuta. A conferma di ciò, una sentenza della Corte Costituzionale (n. 64 del 7 marzo 2012), in riferimento all’impugnativa da parte della Regione siciliana del decreto che istituisce l’Imu, afferma che “il decreto si applica nei confronti delle regioni a Statuto speciale solo nel rispetto dei rispettivi Statuti. Ne consegue l’inapplicabilità alla Regione ricorrente dei censurati commi dell’articolo 2, in quanto non rispettosi dello Statuto d’autonomia”.

E allora, perché i vari esemplari di HOMO POLITICUS SICILIANUS non sono insorti? Perché quelli che avevano fatto dell’Autonomia della Sicilia il proprio fiore all’occhiello in sede di campagna elettorale, non sono intervenuti nei confronti del Governo centrale? In realtà hanno solo dimostrato di non mantenere in alcun modo le promesse fatte ai propri elettori e di non avere la minima conoscenza del Diritto Costituzionale.

In questi giorni si parla di ridurre le tasse, di rendere meno gravoso il carico fiscale. Ma dov’erano tutte queste persone quando i siciliani sono stati costretti a pagare una tassa non dovuta e in merito alla quale l’Avvocatura dello Stato aveva affermato che la nuova imposta viola “le procedure previste dall’articolo 27 della legge n. 42 del 2009 (federalismo fiscale)”? Eppure, secondo l’Avvocatura dello Stato sarebbe “evidente che l’ingresso delle disposizioni del decreto legislativo sul federalismo nell’ordinamento delle Regioni speciali intanto potrà avvenire in quanto le stesse siano recepite nelle fonti di attuazione dello Statuto, ovvero si addivenga ad una revisione di quest’ultimo, secondo le forme previste e garantisce, perciò, il rispetto delle attribuzioni delle autonomie speciali”.

Quindi, in assenza di un simile recepimento, i siciliani non avrebbero dovuto pagare l’Imu.

Ancora: l’Imu sarebbe illegittima perché viola quanto affermato dallo Statuto dei diritti del contribuente (legge del 27 luglio 2000, n. 212), che prevede, all’articolo 4, che “non si può disporre con decreto legge l’istituzione di nuovi tributi”. E invece, l’Imu è stata introdotta in forza del Decreto Legge del 6 dicembre 2011, n. 201, quindi in palese violazione della predetta legge. E quando il problema fu posto a chi oggi si ripropone per la gestione del Paese, costui affermò, forse per giustificare il proprio errore, che l’Imu sarebbe servita allo Stato solo per l’anno in corso, mentre sarebbe andata interamente ai Comuni a partire dall’annualità successiva. E anche questo non è vero, dato che, ormai al termine del proprio mandato, l’ex premier ha deciso di riservare ”allo Stato il gettito dell’imposta derivante dagli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D”. Trasformando, però, in questo modo quella che era un’imposta comunale in una tassa a tutti gli effetti. Fine degli abusi? No. Dopo aver portato in Parlamento una legge che, tra corsi e ricorsi (legali), farà parlare di sé ancora per molto tempo, lo stesso Monti, in piena campagna elettorale, ha riconosciuto in una recente intervista (domenica 6 gennaio 2013) che l’Imu deve essere modificata…

Forse, in questo caso, non dovremmo lagnarci delle “sviste” di cui dovrebbero essere chiamati a rispondere i tecnici della scorsa legislatura, i politici che hanno approvato norme come questa (il caso dell’Imu non è l’unico e nemmeno il più eclatante) e gli amministratori che le hanno rese operative. Anzi dovremmo essere loro grati degli errori che hanno commesso. Infatti, grazie all’evidenza di tali errori sono stati presentati diversi ricorsi dalle associazioni dei consumatori (Codacons) e dalle associazione di proprietari immobiliari (Confabitare). Ciò, però, finirà per rendere insostenibile la vita degli italiani e il carico di lavoro dei Tribunali.

Sarebbe bello se ogni candidato si sentisse obbligato (moralmente) ad assumersi la responsabilità di ciò che promette ai propri elettori e fosse costretto (legalmente) e a rendere conto delle conseguenze delle promesse non mantenute. Ma forse, come diceva M.L.King, questo è solo un sogno…

 

 

 


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