Il cantante siracusano ha la responsabilità di aprire i concerti del maestro in coppia con Alice, come successo ieri sera al Metropolitan di Catania. «Mi sento un venditore abusivo, avevo un po' di paura ma il pubblico risponde bene». A MeridioNews racconta i suoi progetti, a partire dall'ultimo disco-libro Sale
Carlo Muratori tra Battiato e le tradizioni popolari «La musica è un fatto culturale, non spettacolare»
Riscaldare il pubblico di Franco Battiato e Alice è una responsabilità per Carlo Muratori, cantante e chitarrista siracusano che negli ultimi due giorni si è esibito sul palco del teatro Metropolitan di Catania, insieme a una band speciale, composta da un quartetto d’archi e una sezione ritmica con basso, batteria e chitarra. Si sente un «venditore abusivo», consapevole di trovarsi davanti a un pubblico che non è il suo e di poter correre il rischio di fare un buco nell’acqua e non essere accettato. «Avevo un po’ di paura prima di cominciare, ma per fortuna già dal primo brano il pubblico ha risposto in modo positivo».
Battiato lo conosce dagli anni ’80, quando si incontravano frequentemente per discutere dei temi più disparati, letterari e filosofici, fino ad arrivare, naturalmente, a quelli musicali. «È un’amicizia di vecchia data – spiega Muratori – per me è un punto di riferimento e penso che anche lui, nel mio modo di vivere la musica, abbia trovato qualcosa che stima. E di questo gli sono veramente grato». I primi stimoli sonori per il piccolo Carlo arrivano dalla bottega di falegnameria del padre, dove si ascoltava Domenico Modugno. E proprio al cantante di origini pugliese è stato dedicato il concerto tributo Nonsolomodugno, in cui il cantautore siracusano ha messo in relazione la canzone d’autore italiana e la cultura popolare. Con quest’ultima Muratori ha avuto un rapporto di odio e amore, allontanandosene e riavvicinandosi continuamente nel corso della sua carriera. «Dentro di me c’è una schizofrenia che mi divide. Una parte tira verso il recupero di antiche tradizioni popolari, dove la musica è già stata scritta e va solo attualizzata». L’altra, invece, è più creativa e compositiva, ed era già emersa dalle prime esperienze con il gruppo dei Cilliri, fondato nel 1977.
Gli incontri con il pubblico per lui sono sempre diversi e non si sa mai come andranno a finire. «Avendo oltre 80 brani in tutta la carriera è difficile stabilire una scaletta, è una grande responsabilità». Così il cantante siciliano si affida alla sorte. «Una volta ho preso un mazzo di carte dove c’erano scritti 40 brani e le ho fatte estrarre al pubblico. Abbiamo suonato quelle scelte dal destino». Agli spettatori catanesi ha presentato invece alcuni brani del nuovo disco-libro Sale, pubblicato lo scorso dicembre. Sessantaquattro pagine dove l’autore ha scritto i pensieri che lo hanno portato a produrre i brani. «È musica da leggere, oltre che da ascoltare». E a questo concetto è così legato da mettersi all’opera per aprire una nuova collana dal nome La musica da leggere, dove «inviteremo musicisti come Mario Incudine e Alfio Antico a pubblicare i loro lavori, il disco sarà solo uno spunto per parlare del proprio territorio».
Muratori, che vive in una campagna tra agrumeti e uliveti dove trova ispirazione, ha anche dato vita, con un gruppo di amiche ragusane, alla rivista Le fate, un bimestrale di arte, cultura e identità siciliane. «Ci lavora da tre anni un team composto da catanesi, ragusani e siracusani, che affrontano i problemi dell’arte in Sicilia». E il suo impegno non finisce qui. È anche organizzatore di eventi e rassegne musicali che possano offrire ai colleghi che «vengono sballottati a destra e manca in posti dove non possono esprimersi» un’offerta culturale come lui stesso chiede. «Sostengo da sempre che la musica sia un fatto culturale e non spettacolare, che semmai è un aspetto secondario. Non si può invitare un artista a suonare in una piazza rumorosa, dove passano le macchine e si mangiano le noccioline». La sua logica si basa sull’individuazione dei luoghi giusti, perché «non tutte le piazze sono adatte per fare musica». Che per lui va legata a un sito specifico, che abbia una storia. «Un posto che emani energia, come un antico lavatoio o una scalinata antica dei paesini iblei, luoghi che spesso sono lasciati al degrado».