Un asinello lento, testardo, che arranca ma in compenso mangia moltissimo. Un maneggio troppo lussuoso per un semplice asino. Due sensali che non riescono a mettersi d'accordo o, forse, non ci hanno ancora provato. Anche se sarebbe urgente – in primo luogo per quella povera bestia – concludere al più presto l'affare
Calcio Catania, la parabola dello scecco Una vendita che forse non s’ha da fare
Scusatemi, ma oggi non mi va di parlare di calcio. E non è solo perché non ho parole per esprimere il mio entusiasmo dopo il 3 a 3 del mio Catania sul campo dell’irresistibile Melfi. Il fatto è che ho in testa un problema. E vorrei che qualcuno mi aiutasse a risolverlo.
Il mio problema è questo: io sono proprietario di uno scecco (per i non siculofoni: ciuchino, somaro, ciuccio). Non è un granché! Mangia molto, è lento e impacciato, in salita arranca: al punto che a volte, dopo essersi sforzato di fare qualche metro, finisce per scivolare più in basso del punto di partenza. Essendo uno scecco poi, come è naturale, tende a ripetere ostinatamente gli stessi errori. E infine, grosso com’è, non è buono neppure da mettere nel presepe.
Insomma, me ne sono convinto, il meglio sarebbe venderlo. Mi spiace separarmene perché gli voglio bene; ma ho capito che, proprio perché gli voglio bene, devo trovargli un altro padrone. Pertanto, non avendo io dimestichezza con le fiere asinine, ho incaricato dell’affare un sensale. Ma non c’è stato verso, finora, di vendere il mio scecco.
Forse dovrei aggiungere che io, oltre allo scecco, possiedo pure un magnifico maneggio. L’ho fatto costruire qualche anno fa, quand’ero convinto di potermi permettere un allevamento di cavalli purosangue. E sognavo, addirittura, di poter costruire un ippodromo. Poi, invece, è venuta fuori una storiaccia di corse truccate. Ed è finita come è finita, lasciamo perdere.
Bello, il mio maneggio, è bello. Pure un po’ troppo, per tenerci un semplice scecco. Ma il guaio è un altro: il maneggio è mio, ma in un certo senso non è mio. Nel senso che devo ancora un sacco di soldi alla cassa rurale che mi ha aiutato a costruirlo. Mi resta sul collo una decina di rate. Un incubo! Ora, capirete, io ho chiesto al sensale di vendere, insieme allo scecco, anche il maneggio. E ovviamente, cedendo il maneggio, vorrei liberarmi di tutti i debiti che devo ancora pagare. Voi pensate che, aggiungendo all’affare un maneggio siffatto, il valore del mio scecco aumenterà di molto? O dite invece che farei meglio a svenderlo, questo sciagurato maneggio, pur di non avere più a che fare con quei brutti figuri della banca? Rispondetemi, per favore. Perché mi è già capitato, in certe giornate, di trovarmi a corto di fieno per nutrire lo scecco. E il maneggio, anche solo per ripulirlo, mi costa un sacco di soldi.
Ma non è questo, non è questo soltanto. La cosa che mi fa ammattire è che il sensale avrebbe trovato un possibile compratore. Uno straniero, il señor Carlos, che io non conosco. Pare che questo señor Carlos sia abbastanza ricco per comprarsi lo scecco, il maneggio e pure i debiti. Solo che è successo qualcosa che non ho ben capito. Cioè, pare che il mio sensale abbia chiesto garanzie a quello del señor Carlos. Pare che il sensale del señor Carlos le abbia fornite, ma che il mio sensale – da sensale scrupoloso qual è – abbia chiesto alla banca del señor Carlos notizie più precise. Pare che questa banca, non conoscendo il mio sensale, non si sia degnata di rispondere. Eppure lui le sue richieste le ha fatte con ogni formalità, usando perfino la Posta Equina Certificata. E pare soprattutto che da quel momento, per due mesi e mezzo, né il mio sensale né quello del compratore si siano più parlati.
Fino a quando, un paio di giorni fa, il mio sensale s’è fatto scappare qualche parola sulla questione, mentre chiacchierava con alcuni curiosi sulla pubblica piazza. E la notizia è arrivata al sensale del señor Carlos. Il quale ha detto che è stato tutto un equivoco, e ha promesso che rimedierà al più presto. Per farla breve, ora mi dicono che i due sensali torneranno a parlarsi nei prossimi giorni. Per vedere se si può chiudere quest’affare. E pazienza per questo piccolo disguido.
Pazienza? Questa cosa mi fa diventare scemo. Perché io voglio veramente vendere lo scecco – proprio perché gli voglio bene – e, insieme allo scecco, il maneggio e i debiti del maneggio. E quindi non capisco per che ragione, invece di aspettare per due mesi e passa che arrivasse un nitrito di risposta dalla banca, il mio sensale e quello del señor Carlos non si siano vicendevolmente inseguiti al galoppo per incontrarsi e mettere a posto tutta la faccenda. Quasi che a nessuno davvero importasse di vendere o comprare scecco e maneggio. Per non parlare dei miei debiti, poi.
Non capisco, veramente. Possibile che due signori, il cui compito dovrebbe essere appunto quello di mettersi d’accordo per concludere gli affari, si siano persi di vista per tanto tempo, permettendo a un qualunque impiegato di banca di bloccare un affare così importante? Possibile che il señor Carlos non sia ancora riuscito a vedere il mio scecco, farlo visitare dal suo veterinario, farsi anche un’idea più precisa del maneggio, e insomma decidere se è il caso o meno di portarsi a casa la povera bestia?
Di questo passo, qualcuno comincerà a pensare che in realtà quella che ho raccontato non è tutta la storia. O che io, in fondo in fondo, lo scecco preferisco tenermelo. Anche a rischio di farlo schiattare di fame e di stenti.
Vorrei spiegar loro che hanno torto. Anche se ho paura che, dopo quel che è successo, nessuno mi crederà.
Ah, dimenticavo di dire che al compratore dello scecco regalerò un carretto siciliano. Bello, allegro, colorato. Con sopra incisa una dottissima frase latina. Eccola qua. Spero tanto che porti bene.