Il Catania è in vendita, ma Pulvirenti venderà? Le parole dell’ex presidente avrebbero scoraggiato la cordata di imprenditori catanesi che, stimolati dal sindaco Enzo Bianco, volevano discutere l’acquisto del club. «Per logica dovrebbe vendere, ma dalle sue dichiarazioni pare il contrario», dice a MeridioNews il professore di Economia dell’Università di Catania Marco Romano. Eppure esistono tanti aspetti che potrebbero cambiare l’atteggiamento tenuto, almeno in apparenza, dal proprietario del Catania: «La categoria in cui giocherà la squadra, le ragioni del gruppo finanziario al quale appartiene la società e l’immagine pubblica che Pulvirenti vorrà lasciare di sé». Senza trascurare che andrà verificata «la reale credibilità e solidità degli acquirenti».
La giustizia sportiva deciderà solo a fine agosto se retrocedere il Catania in Lega Pro, come effetto dell’inchiesta I treni del gol sulle presunte partite comprate da parte della dirigenza rossazzurra. «È ragionevole pensare che gli acquirenti aspettino di conoscere in che categoria giocherà la squadra prima di formulare delle offerte», spiega il docente. «Vendere è più facile se il campionato è meno importante», ma offre meno garanzie sulle intenzioni del compratore. «Perché il prezzo di vendita scende, le spese di gestione sono inferiori e la programmazione è meno ambiziosa», continua. Acquistare il club in serie B, invece, «imporrebbe costi più alti ma darebbe la possibilità di realizzare entrate maggiori grazie alla visibilità del campionato». Incoraggiando solo gli investitori pronti a un programma di sviluppo pluriennale e che riporti la squadra ai massimi livelli. La cordata catanese, che adesso sembra essere uscita di scena, si proponeva come soluzione temporanea d’emergenza al fine di garantire la sopravvivenza del club in attesa di un nuovo proprietario.
Il Catania è controllato da due società, Finaria e Meridi, come lo era Wind Jet. Pulvirenti, figura di riferimento di entrambe, aveva garantito che il fallimento della compagnia aerea non avrebbe inciso sul futuro del Catania. «I problemi di un’azienda del gruppo possono influenzare le altre», sostiene invece Romano. Considerate le difficoltà presenti e l’incertezza sul futuro che riguarda il Catania, «nella valutazione complessiva del benessere del gruppo, per logica bisognerebbe puntare sulle società che garantiscono profitti e prospettive future». Un peso notevole, nella scelta di Pulvirenti di vendere o meno il Catania, potrebbe averla perciò anche l’evoluzione del fallimento della compagnia aerea low cost. Che ha riguardato alcune intercettazioni dello scandalo I treni del gol e di recente è valso un avviso di garanzia per bancarotta fraudolenta all’ex presidente del club rossazzurro.
Un terzo aspetto che potrebbe influenzare la volontà di Pulvirenti riguarda «la sua reputazione di imprenditore, ormai compromessa». Potrebbe decidere di uscire di scena e limitare i danni a quelli già fatti, «trovando un acquirente serio e garantendo così la sopravvivenza della società». Oppure scegliere di rilanciare la propria immagine «attraverso il rilancio del progetto Catania». Ma il contesto cittadino è in maggioranza ostile alla permanenza di Pulvirenti anche solo come proprietario. «Il mio consiglio – dice il docente – è farsi da parte e vendere a un acquirente forte per ridare credibilità alla società». Decisione dalla quale potrebbe dipendere l’accordo sul prezzo, anche al ribasso.
Pulvirenti intanto non ha ancora stabilito – almeno pubblicamente – l’offerta minima per aprire la trattativa di cessione del club. «Stimare un valore oggettivo è difficile, dipende da numerosi fattori che non riguardano solo il bilancio», spiega il professore di Economia. Al tavolo delle trattative «è comunque l’acquirente a fare il prezzo», ricorda. Per questo, conclude Romano, la vera domanda non riguarda prima di tutto l’intenzione di Pulvirenti di vendere o meno. «La questione che più conta e che dovrebbero porsi tutti gli interessati al Catania è se stanno comprando una patacca o un blasone ancora importante».
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