Cala il sipario sullo storico teatro Ditirammu «Senza aiuti i costi sono diventati proibitivi»

«Siamo arrivati al limite, con grande tristezza lasciamo pubblico, allievi e dipendenti a casa. Abbiamo bisogno di capire se ci sono i presupposti per tenere aperto il tempio o rifarsi una nuova vita, magari in un’altra città». Nelle parole di Elisa e Giovanni Parrinello c’è tutta l’amarezza di chi è costretto a rinunciare a un sogno, una di quelle piccole utopie diventate realtà: fare del teatro più piccolo d’Italia (appena 52 posti) un tempio della cultura popolare siciliana e allo stesso tempo una fucina per giovani talenti. Forti di una tradizione che risale agli anni Trenta, alle ricerche musicali di Giovanni Varvaro, zio di Vito Parrinello, anima di Ditirammu recentemente scomparso che, continuando la tradizione di famiglia, nel 1995 fonda insieme alla moglie Rosa Mistretta il piccolo teatro in via Torremuzza, nello storico quartiere Kalsa. È il 1 maggio del 1995 quando, accompagnati dai figli Elisa e Giovanni si esibiscono davanti a papa Giovanni Paolo II, cantando un antichissimo Rosario della Madonna di Trapani

Una tradizione costretta a interrompersi oggi, di fronte alla necessità di un aiuto pubblico, a lungo cercato ma mai trovato. «Quando nostro padre sedeva per ore ad aspettare il politico di turno – raccontano i figli – capitava pure che dopo ore di attesa neanche lo ricevessero, sai che rabbia. Era stanco. Troppa politica, anticamera e cose che con l’arte e il sentimento non c’entrano proprio nulla. E allora sospendiamo tutte le attività, magari è vero, Palermo non ha bisogno di noi». Una tristezza che Elisa non riesce a trattenere neanche dopo che a mezzanotte di ieri è calato il sipario sull’ultimo spettacolo. «C’è un tempo per tutto – ha scritto su Facebook – c’è un tempo per amare, soffrire, crescere, guardare, ascoltare, un tempo per andare via e uno per tornare. Ma c’è un tempo, quel tempo che vorresti non arrivasse mai, per andare via e non tornare più. Siamo arrivati al limite, faremo una conferenza stampa per comunicare le sorti del teatro e della Palermo Capitale dei Giovani. Non è una guerra alla pubblica amministrazione – puntualizzano – tuttavia chiediamo coerenza rispetto alle tante e univoche espressioni di stima e riconoscimento dell’alto valore del Ditirammu, per la città e la cultura siciliana. Spetta alla pubblica amministrazione trovare i modi per trasformare questo apprezzamento in sostegno e decisioni concrete che mettano in condizioni di vivere questo Canto Museo Teatrale. Al nostro pubblico, agli amici, ai tanti artisti, agli assistenti ai collaboratori agli allievi, e alle nostre famiglie, chiediamo di starci vicino ora più che mai». 

Inaugurato nel 1998 nei locali delle scuderie di Palazzo Petrulla, l’associazione del teatro Ditirammu diventa presto anche un centro di promozione culturale per giovani, con numerosi laboratori artistici per bambini. Una storia fatta di amore e tradizione lunga un secolo, con la compagnia di canto popolare Ditirammu – dal nome del canto corale greco inneggiante al dio Bacco – che si intreccia alla collaborazione di Antonino Buttitta e alle ricerche di Giuseppe Pitrè, arrivando a integrare quei tributi in spettacoli eseguiti poi in giro per il mondo, con interviste rilasciate alla televisione di stato giapponese e al Financial Times. Oggi cala il sipario e il Ditirammu chiude le porte «speriamo solo per poco anzi pochissimo tempo…quel tempo che basta a capire come proteggere il gioiello di papà e di mamma e di questa meravigliosa Città, dopo 22 anni di sacrifici e più di 100 anni di storia».

Aggiornamento ore 19.52 

Il sindaco Leoluca Orlando e l’Assessore alla Cultura Andrea Cusumano hanno incontrato nelle ultime settimane i responsabili del Teatro Ditirammu, con i quali hanno concordato un percorso che porti alla disponibilità di alcuni spazi presso i Cantieri Culturali alla Zisa, nei quali possa proseguire «l’importante attività culturale svolta dal teatro». «Il nostro impegno è massimo – affermano Orlando e Cusumano – per onorare al meglio la memoria di quel grande artista che è stato il suo fondatore, Vito Parrinello e per permettere, al contempo, che il teatro Ditirammu prosegua la sua attività di veicolo e promozione della cultura e delle tradizioni popolari siciliane».


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Una storia fatta di amore e tradizione lunga un secolo. «Siamo arrivati al limite, con grande tristezza lasciamo pubblico, allievi e dipendenti a casa. Abbiamo bisogno di capire se ci sono i presupposti per tenere aperto», dicono i figli di Vito Parrinello, fondatore del teatro, che gestiscono uno dei templi della cultura popolare siciliana

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