Un cadavere dentro un’auto crivellata da colpi di fucile, bruciata e interrata nelle campagne in provincia di Vibo Valentia, in Calabria. Il corpo senza vita è quello del 60enne Giuseppe Salvatore Tutino ritrovato un mese dopo la denuncia di scomparsa fatta dalla figlia il 17 dicembre del 2021. Dopo anni di indagini, i carabinieri sono riusciti a fare luce sul fallito caso di lupara bianca e hanno arrestato due uomini, uno a Rosarno (Reggio Calabria) e uno a Siracusa.
A uno dei due uomini, il provvedimento è stato notificato in carcere dove è detenuto per associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. L’altro uomo accusato del delitto, anche lui già noto alle forze dell’ordine per reati in materia di armi, era libero. Per gli inquirenti sono loro i responsabili dell’omicidio di Tutino. Entrambi ritenuti vicini ad ambienti criminali del rosarnese. Secondo l’accusa, Tutino è stato ucciso con modalità tipiche delle esecuzioni di matrice ‘ndranghetistica: prima l’inganno per farlo allontanare dalla propria abitazione, poi l’esplosione ravvicinata di due colpi di fucile caricato a pallettoni e, infine, il tentativo di eliminare il cadavere.
I due indagati, che conoscevano molto bene la vittima, in concorso con altri soggetti da identificare, avrebbero impiegato dei mezzi meccanici per eseguire le operazioni di scavo di una buca, all’interno della quale volevano collocare l’auto con dentro il cadavere dopo averle dato fuoco. A dare l’allarme, nel tardo pomeriggio del 17 gennaio del 2022, ai carabinieri era stato il proprietario di un fondo agricolo nei pressi del torrente Mesima, tra le campagne di Calimera, una frazione di San Calogero in provincia di Vibo Valentia, che aveva trovato una Fiat Panda bruciata risultata poi intestata alla vittima.
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