Medici senza frontiere denuncia una situazione allarmante nel Cpsa del Ragusano: piove dentro; casi di scabbia trattati nei bagni, a loro volta privi di porte; sovraffollamento; accessi chiusi dall'esterno. «Un trattamento umiliante e degradante che aumenta la tensione e provoca casi di autolesionismo»
Blatte, acqua fredda e migranti nudi davanti a tutti Report choc sul centro d’accoglienza di Pozzallo
Blatte ovunque, anche nell’ambulatorio medico. Docce con acqua fredda e senza porte o tendine. Molti casi di scabbia non curati come si dovrebbe a causa della mancanza del kit previsto dal capitolato. Porte chiuse con assi di legno e minori privati per due settimane della possibilità di prendere aria nelle zone all’aperto dello stesso centro. Uno di questi è stato trovato a sbattere la testa contro il muro in preda a una crisi d’asma. È il rapporto di Medici senza frontiere sugli ultimi otto mesi nel centro di soccorso e prima accoglienza di Pozzallo. La stessa struttura – di proprietà della Regione Sicilia e gestita dal Comune – è destinata a diventare uno degli hotspot cogestiti dall’Unione europea.
La ong lavora, grazie a una convenzione con l’Asp, all’interno del centro del Comune ragusano dove, tra febbraio e settembre, sono sbarcate 12.483 persone. Periodo nel quale è stato registrato un lungo elenco di irregolarità, al punto da spingere Msf a parlare di «conseguenze sulla salute psico-fisica degli ospiti», «trattamento umiliante e degradante» e mancato «rispetto della dignità della persona». A cominciare dal sovraffollamento. Il centro può ospitare al massimo 220 persone, tetto sforato in cinque casi per più di tre giorni. Questo, sottolinea la ong, «induce persone con disabilità e con vulnerabilità (donne sole, possibili vittime di tratta e minori non accompagnati) a situazioni di forzata promiscuità in uno spazio limitato». A peggiorare la situazione sono le condizioni della struttura che si «presenta in uno stato di deterioramento progressivo e necessitante di lavori di manutenzione – continua il documento -; ci sono due punti di infiltrazione di acqua dal tetto, dal soffitto gocciola e sul suolo si nota la presenza di pozze d’acqua».
Tutte le aree del centro, compreso il presidio medico, sono soggette a infestazioni di blatte, «presenza inaccettabile perché possono contribuire allo sviluppo di patologie respiratorie di origine allergica o alla trasmissione di diverse malattie». Non va meglio nei bagni, dove gli scarichi e le docce funzionano male, manca l’acqua calda tranne nelle prime ore del mattino, e l’acqua ristagna perché il sistema di evacuazione attraverso le griglie a terra non fa il suo dovere. I migranti infine sono costretti a spogliarsi e lavarsi davanti a tutti. «L’assenza di porte o di strutture provvisorie che consentano agli ospiti di accedere ai servizi in condizioni di riservatezza e in pieno rispetto della dignità della persona – si legge nel report – rappresentano un elemento di criticità inaccettabile che espone gli ospiti, in maniera continuativa, a un trattamento umiliante e degradante». Molti richiedenti asilo contraggono la scabbia in Libia. I medici di Msf denunciano come la mancata distribuzione del kit medico, previsto dal capitolato, non permetta di trattare immediatamente l’infezione che viene trasmessa più facilmente agli altri ospiti. La cura inoltre dev’essere applicata sul corpo nudo del paziente, ma chi è affetto da scabbia viene curato nei bagni perché manca un’area predisposta, nonostante le ripetute richieste della ong.
C’è poi il problema della comunicazione verso l’esterno. Spesso non vengono fornite le schede telefoniche previste dal capitolato o quelle presenti non sono adatte per effettuare chiamate in alcuni Paesi. Nel centro c’è solo un telefono che si trova nell’area esterna dove i migranti non hanno accesso regolare. Msf denuncia come l’ingresso principale della struttura venga infatti chiuso da fuori con un’asse di legno da parte di carabinieri o polizia. Mentre un mezzo delle forze dell’ordine blocca l’uscita di sicurezza. Così i migranti rimangono per settimane all’interno della struttura, dotata di un impianto antincendio non funzionante. «Questo – scrive la ong – concorre a esasperare le difficili condizioni di convivenza forzata, acuendo la sofferenza psicologica e lo stress che sono all’origine di tensioni tra gli stessi ospiti e tra gli ospiti e gli operatori». E si registrano anche casi di autolesionismo. Come quello di un minore egiziano. «In seguito a una crisi d’asma, di sospetta origine psicosomatica – si racconta nel report – ha cominciato a battere la testa contro il muro».
Msf solleva infine l’attenzione sulle procedure di identificazione e sulla valutazione di chi ha diritto a chiedere protezione. «Avvengono in tempi rapidissimi e immediatamente dopo lo sbarco, con i migranti appena arrivati e spesso reduci da violenze e abusi occorsi in Libia». Il risultato, a volte, è quello che racconta un migrante al personale della ong: «La notte in cui sono arrivato sono stato identificato: mi è stata fatta una foto e sono stato interrogato. Mi è stato chiesto “Perché sei venuto in Italia?” e io ho risposto “Sono venuto per richiedere protezione, perché ho un problema (di protezione)”. Mi è stato chiesto di firmare un foglio, ma non so cosa ci fosse scritto. Non sapevo che cosa stava succedendo, non capivo il processo a cui ero sottoposto. Ero anche estremamente stanco dopo il lungo viaggio e quindi ho firmato. Prima di essere intervistato, non ho ricevuto nessuna informazione sul foglio che avrei poi firmato. Non ho neanche ricevuto informazioni su che cos’è l’asilo. Il giorno dopo, mi sono state prese le impronte. Non ho ricevuto nessuna informazione sul perché. Ho pensato che mi venissero prese per verificare che non fossi un criminale». Una procedura non nuova e giudicata troppo sommaria per decidere del destino di chi arriva in Italia.