Bilancio 2013, la Sicilia in alto mare

Dopo le vacanze pasquali, a partire da martedì prossimo, la Commissione Bilancio e Finanze dell’Ars dovrebbe iniziare a lavorare sul bilancio 2013. Il condizionale è d’obbligo, perché fino ad oggi, negli uffici dell’Assemblea regionale siciliana, non è arrivato nulla. Per la cronaca, nella seduta del 14 marzo scorso l’assessore all’Economia, Luca Bianchi, si era impegnato a far arrivare “entro dieci giorni” la riscrittura della manovra di bilancio. I dieci giorni sono passati – anzi, di giorni ne sono passati 14 – ma della nuova manovra non c’è traccia.

I ritardi del Governo rischiano di provocare uno slittamento dei lavori d’Aula. Sala d’Ercole – stando al calendario al calendario già fissato – dovrebbe iniziare il dibattito. Ma con questi chiari di luna non è detto che la data possa essere rispettata. Per oggettive responsabilità del Governo che, di fatto, sta intralciando i lavori di sala d’Ercole con una gestione del bilancio che definire confusionaria è poco.

La confusione nasce da una probabile lettura affrettata dei documenti finanziari da parte degli uffici del dipartimento dell’Economia. Non si spiega altrimenti la stesura di un ‘bozzone’ di bilancio 2013 che il Governo ha consegnato alle Commissioni legislative dell’Assemblea regionale siciliana nel dicembre dello scorso anno. Un ‘bozzone’ sbagliato, visto che non teneva conto del ‘buco’ di un miliardo di euro del 2012 e nemmeno degli accantonamenti, pari a 900 milioni di euro, richiesti abusivamente dal Governo nazionale di Mario Monti.

L’assessore Bianchi ha provato a giustificare gli errori del ‘bozzone’ di dicembre, dicendo che gli uffici non erano a conoscenza del ‘buco’ del 2012. Scusa grossolana. Glu uffici sapevano tutto: e sapevano anche dell’accantonamento dei 900 milioni richiesto dal Governo Monti. La verità dei conti è stata taciuta perché, alle porte, c’erano le elezioni politiche.

Infatti, dopo le elezioni politiche l’assessore Bianchi e li uffici, ‘rileggendo’ meglio le ‘carte’, hanno scoperto l’acqua calda: ovvero il ‘buco’ del 2012 e la richiesta di accantonamento di 900 milioni del Governo nazionale. Di fatto, quella dell’assessore Bianchi è stata una sceneggiata napoletana, recitata male, dal momento che il titolare dell’assessorato all’Economia è romano.

Questa sceneggiata, però, ha fatto perdere tempo alle Commissioni legislative di merito dell’Ars, che si sono pronunciate su un ‘bozzone’ inutile, dal momento che il Governo regionale deve aggiornarlo. Morale: le Commissioni di merito dovranno ripronunciarsi – ogni Commissione per la parte di propria competenza – sulla nuova manovra.

Nel vecchio testo dello scorso dicembre il ‘buco’ era di un miliardo di euro. Nel nuovo testo che il Governo regionale avrebbe già dovuto consegnare all’Ars il 24 marzo scorso, al ‘buco’ di un miliardo di quest’anno di debbono aggiungere il ‘buco’ di un miliardo del 2012 e l’accantonamento di 900 milioni, ridotto a 800 milioni, come ha raccontato la scorsa settimana l’assessore Bianchi.

Come stanno, in realtà, le cose? Semplice: con un ‘buco’ di 2,8 miliardi fare il bilancio regionale è quasi impossibile da redigere e approvare. Qui non si tratta di tagliare le spese inutili (che ci sono, soprattutto negli appalti ‘addomesticati’ dalle Aziende sanitarie provinciali e delle Aziende ospedaliere, o nella tabella H, per citare solo due esempi). Qui si tratta, al di là delle chiacchiere di chi gioca coni numeri del bilancio regionale, di tagliare interi settori della vita economica e sociale della Sicilia.

Il nostro giornale queste cose le scrive da mesi. Ora stiamo arrivando alla resa dei conti. A Roma non c’è un Governo. Perché il Governo di Monti – soprattutto dopo la figuraccia fatta con la vicenda dei due marò rispediti in India – brancola nel buio. In prospettiva, non c’è, a breve, un nuovo Governo, visto che Bersani e il suo Pd hanno deciso di ‘auto-incaprettarsi con i grillini.

Risultato: il Governo regionale, andando a Roma, si è trovato davanti non una porta chiusa, ma una stanza vuota. Il Governo regionale, appena insediato, avrebbe dovuto contestare l’accantonamento di 900 milioni richiesto da Roma. Utilizzando le motivazioni che, sul nostro giornale ha illustrato il professore Massimo Costa. Invece ha preferito tacere per motivazioni elettorali. Ora ne pagherà le conseguenze economiche, politiche e, soprattutto, sociali.

Il presidente Rosario Crocetta, una settimana fa, con grande coraggio, ha detto che chiederà l’applicazione dell’articolo 37 dello Statuto. E’ la parte dello Statuto che consentirebbe alla Regione di trattenere le imposte di quelle imprese che hanno stabilimenti in Sicilia ma sede sociale nel Centro Nord Italia. Da una settimana cerchiamo di capire a che punto è l’applicazione dell’articolo 37. Ma dal Governo regionale non arriva alcuna risposta.

Un fatto a noi appare certo: in queste condizioni il Governo e l’Assemblea regionale siciliana andranno solo a sbattere contro un muro. Pensare di approvare un bilancio con 2,8 miliardi di tagli, sapendo che la maggior parte di questi  capitoli senza soldi è fatta spese correnti è una follia allo stato puro. Si rischia la rivoluzione sociale. Quella vera, però.

 

 

 


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