Beni confiscati: “Grave che non ci sia un albo degli amministratori giudiziari”

“E’ impensabile che non ci sia un albo degli amministratori giudiziari e che la legge preveda solo una piccola parte di professionalita’ rispetto a quanto sarebbe necessario”.

Lo ha detto il presidente della Commissione nazionale antimafia Rosy Bindi, a Palermo, nel corso di una conferenza stampa, a conclusione della due giorni di audizioni nel capoluogo siciliano, parlando della gestione dei beni confiscati.

“Grave non sia stato fatto un provvedimento sulle tariffe degli amministratori”, ha aggiunto. Il sospetto (se non la certezza) è che la vicenda amministratori sia un’altra storia di affari in mano a pochi eletti.

“Ciascuno deve fare la sua parte nel tentare di salvare le aziende confiscate alla mafia. – ha osservato Bindi- Ad esempio le banche in questo hanno grosse responsabilita’. Perche’ capita che concedano mutui all’impresa mafiosa senza fare indagini e invece poi chiudano i crediti nelle fasi delle amministrazioni giudiziarie. Percio’ intendiamo sentire l’Abi al piu’ presto”.

Alla base, la necessita’ di una revisione delle norme in materia di sequestri e confische di beni dei mafiosi, anche se Bindi ha voluto precisare pero’ che “nonostante i limiti che presenta l’ordinamento non si puo’ parlare di fallimento del sistema che tanti risultati ha dato”. “La legge va cambiata – ha aggiunto – ma questo e’ un compito che deve assumersi il Parlamento”.

E poi un bilancio delle audizioni:

“Sono stati due giorni di lavoro molto intensi. Partiamo consapevoli che questa Regione sia in prima linea nella lotta alla mafia, e che in questa città ci sia la riscossa civile contro il fenomeno mafioso, che appare ancora forte e pericoloso, capace di cambiare a secondo delle condizioni storiche, la crisi, la globalizzazione dell’economia”.

Particolarmente interessante il passaggio sui servizi segreti:

secondo quanto riporta Repubblica Palermo, inoltre, ieri la Presidente  ha espresso qualche riserva nei confronti dell’attività dei 007 in carcere. Secondo i magistrati palermitani,  che la Commissione ha ascoltato ieri,  questa attività dovrebbe essere limitata quando riguarda boss mafiosi che hanno manifestato l’intenzione di collaborare con la giustizia,.

«Nel passato non c’era un protocollo scritto, ma non mi sento di escludere che ci siano stati comportamenti impropri — dice la Bindi — come commissione d’inchiesta faremo la nostra parte, indagheremo nei limiti degli strumenti che abbiamo».

Beni confiscati alla mafia: gli strani affitti dello Stato alla Regione 


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