Un prodotto naturale e antico di cui due sorelle belpassesi, Sara e Francesca Piana, hanno scoperto l'esistenza sfogliando un libro ingiallito sui monaci del convento di San Vito. «Dopo 18 mesi di esperimenti abbiamo raggiunto una miscela il più possibile fedele all'originale del XV secolo», raccontano
Belpasso, ricetta dell’amaro tra fogli di vecchio libro Due sorelle scommettono sul digestivo al ficodindia
«Stavamo leggendo la storia dell’Etna e dei primi insediamenti, dei Benedettini e dei vecchi monasteri, e tra le pagine di un libro abbiamo trovato un foglio sgualcito e ingiallito con una nota: la ricetta di un digestivo che i monaci del convento di San Vito nel XV secolo – noti per la vita mondana che conducevano – consumavano dopo grandi abbuffate». È così che nasce a Belpasso l’amaro Spinamara, ovvero dalla curiosità di due sorelle, Sara e Francesca Piana. Il liquore mescola il sapore dolce del ficodindia alla freschezza dell’arancia e all’amaro del cardo selvatico e, in pochi giorni dal debutto sul mercato, ha già venduto quasi cento bottiglie.
«Su quel foglio c’erano ingredienti che conosciamo bene e per questo abbiamo deciso di ricrearlo», dice Sara, che insieme alla sorella Francesca e con i consigli del padre Salvatore, consulente a titolo gratuito del sindaco di Belpasso Carlo Caputo, da sempre attivo nella vita politica della città – anche se non ha mai ricoperto ruoli amministrativi – e appassionato di libri antichi, ha ridato vita a una ricetta di secoli fa.
«Dopo 18 mesi di esperimenti abbiamo raggiunto una miscela soddisfacente e quanto più fedele all’originale – raccontano – L’abbiamo fatta assaggiare ai clienti del nostro locale e sottoposto a indagini di mercato professionali». Una bevanda nello stesso tempo antica e innovativa, riscoperta dalla famiglia che gestisce l’azienda agricola Giusafra e reperibile nei punti vendita della ditta a Belpasso e a Nicolosi e su diversi siti di e-commerce, oltre naturalmente al locale che Francesca, imprenditrice agricola e della ristorazione, gestisce da vent’anni. Sara, invece, studia Beni Culturali indirizzo archeologico a Catania e nel tempo libero dà una mano alla sorella con il pub. In mezzo alla routine, però, le due sono riuscite a ritagliarsi degli spazi da dedicare all’amaro creato per caso ma con molta cura e attenzione.
«Volevamo un prodotto naturale, senza coloranti e additivi vari e legato al territorio etneo, l’unico che produce i frutti necessari per la realizzazione di questo digestivo», spiegano Sara e Francesca, che stanno lavorando per far apprezzare a più persone possibili il prodotto che ha già oltrepassato i confini nazionali, arrivando addirittura in Germania. «Cosa succederà adesso se lo chiedono in molti – osserva Sara -, forse salteranno fuori altre ricette antiche da rispolverare, ma ancora è presto per fare programmi». Per ora le due sorelle vogliono concentrarsi al cento per cento su Spinamara, per poter «divulgare un prodotto in uso secoli fa così buono e malleabile che si adatta a tutti i gusti», concludono.