La banda, formata da due persone originarie di Brindisi e quattro di Belpasso, avrebbe imposto il pagamento del pizzo al titolare di un'azienda agricola e casearia nel Catanese, prendendo merce per cinquemila euro senza pagarla. A capo del gruppo Alfio Licciardello detto U cavvunaru, pluripregiudicato per omicidio e associazione mafiosa, considerato esponente di spicco del clan del Malpassotu. La vittima, dopo aver subito danni economici per oltre ventimila euro, ha denunciato tutto alle forze dell'ordine
Belpasso, imprenditore denuncia estorsori In sei avrebbero imposto il pizzo
Un imprenditore, titolare di un’azienda agricola e casearia di Belpasso, ha denunciato quanti per mesi gli avrebbero imposto il pagamento del pizzo. Gli uomini della compagnia dei carabinieri di Paternò hanno arrestato una banda formata da sei persone, due originarie di Brindisi e quattro del Comune nel Catanese. In manette sono finiti i belpassesi Alfio Licciardello (detto U cavvunaru, 52 anni, pluripregiudicato per omicidio e associazione mafiosa, considerato esponente di spicco del clan del Malpassotu), Salvatore Licciardello (53 anni, cugino di Alfio, già condannato per associazione mafiosa), Francesco Alberti (44 anni, pregiudicato) e Roberto Camarda (48enne, pregiudicato) assieme ai pugliesi Teodoro Chiarella (26 anni, pregiudicato) e Roberto Leuci (38 anni, pregiudicato, genero di Alfio Licciardello). Il reato ipotizzato, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia etnea, è di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
A capo del gruppo è stato individuato Alfio Licciardello. Secondo gli inquirenti avrebbe cercato di impossessarsi dell’attività economica dell’imprenditore, cercando di estrometterlo dal commercio di prodotti caseari per ottenere il monopolio nella zona di Belpasso. Secondo la denuncia, tutto sarebbe iniziato quando U cavvunaru si sarebbe recato nell’azienda prendendo prodotti per circa cinquemila euro e avrebbe ottenuto da un cugino – impiegato nella struttura – la lista dei clienti. Inoltre, la vittima sarebbe stata costretta a cedere quotidianamente 25 litri di latte, non riuscendo così a mantenerne per la sua stessa attività, con un danno economico stimato in circa ventimila euro.
Il titolare, definito dai carabinieri «ormai sfinito dalle innumerevoli vessazioni subite, talvolta rivolte anche ai suoi familiari», ha deciso di sporgere denuncia. Segnalazione verificata dai successivi controlli che hanno permesso l’arresto dei sei. A far scattare la decisione sarebbe stata l’ultima richiesta imposta, la consegna di 130 capi di bestiame, minacciando di «far saltare tutti in aria» in caso contrario.