Il trafficante internazionale di opere d’arte a cui la Direzione investigativa antimafia ha sequestrato reperti archeologici di ingente valore è Giovanni Franco Becchina. L’85enne originario di Castelvetrano (nel Trapanese) è ritenuto collegato a Matteo Messina Denaro: infatti, oramai da anni, entra ed esce dalle vicende giudiziarie legate all’ormai ex primula rossa di Cosa nostra. Imprenditore e commerciante poliedrico, Bacchina è stato capace di vendere sia cemento che olio d’oliva. Ma soprattutto di fare fruttare la propria passione per le opere d’arte, sfociata in passato anche nell’apertura di una galleria a Basilea, in Svizzera.
L’anziano era stato indagato – con un’inchiesta che poi è stata archiviata – per un progetto di furto del Satiro Danzante, ora custodito a Mazara del Vallo. L’ipotesi investigativa è che lui fosse il mandante. Becchina è stato anche accusato di avere finanziato la latitanza di Matteo Messina Denaro. «Perché Gianfranco Becchina doveva dare queste cose e, quindi, doveva andare a finire a Panicola per poi arrivare a chiddu (quello, ndr), a Matteo Messina Denaro». Così aveva raccontato agli investigatori un altro finanziatore del padrino di Castelvetrano.
Nel 2017 a Becchina furono sequestrati beni per milioni di euro. «Pur non riportando ad oggi condanne definitive per il reato di associazione mafiosa – si legge in quel provvedimento di sequestro – le sue frequentazioni, i suoi traffici e i rapporti diretti con gli ambienti della criminalità organizzata di tipo mafioso castelvetranese rendono attuale e rilevante il suo grado di pericolosità qualificata». Tra l’altro, dalle indagini era emerso che i rapporti con Messina Denaro sarebbero iniziati con il padre Francesco.
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