Bastione degli infetti, colla nel lucchetto Il comitato Antico Corso: «Una ritorsione»

«Ieri mattina delle squadre del Comune sono venute a rimuovere una recinzione che protegge una gigantografia di Sant’Agata, in via Torre del vescovo. E qui nel cortile hanno cominciato a dire: “Siete contenti? Finalmente ce l’avete fatta”. E stamattina il nostro lucchetto per entrare al Bastione degli infetti era inutilizzabile perché pieno di colla». Il racconto è di Salvatore Castro, una delle anime del Comitato popolare Antico Corso. È lui, assieme agli altri membri del comitato, tutti residenti nella zona, a possedere le chiavi del catenaccio d’accesso al Bastione, la struttura – fatta costruire da Carlo V e parte delle storiche fortificazioni di Catania – abbandonata dall’amministrazione e fatta rivivere in autonomia dai cittadini. Oggi, come ogni sabato, l’area avrebbe dovuto essere aperta al pubblico, c’era in programma un tour di urban trekking dell’associazione Etna ‘ngeniousa, saltato per l’impossibilità di entrare.

«Quell’altarino per Sant’Agata è un posto simbolo per molte persone del quartiere. Già due anni fa, a seguito di un’operazione della procura che aveva portato a numerosi arresti per questioni di mafia, una targa messa proprio là sotto era stata fatta rimuovere. Perché c’erano i nomi e un messaggio di alcuni esponenti mafiosi», racconta Castro. Adesso è di nuovo quel luogo a tornare sulla bocca dei catanesi del rione: «Per proteggerlo c’erano delle transenne, ovviamente abusive, che ieri sono state tolte dal personale del Comune di Catania. Noi non ne sapevamo niente». Però la voce di quanto stava accadendo è girata in fretta e, probabilmente per la vicinanza della gigantografia all’ingresso del Bastione, i colpevoli della segnalazione a Palazzo degli elefanti sono stati individuati nel comitato Antico Corso. «Si sentivano frasi tipo “Ci siete riusciti” – afferma l’uomo – La ritorsione è arrivata dopo ventiquattr’ore».

Niente di grave, per ripristinare la situazione iniziale «abbiamo dovuto smontare il catenaccio dalla parte interna e adesso abbiamo messo un’altra catena, ma rimane sempre una questione di legalità». Di cui il comitato intende farsi promotore davanti all’amministrazione comunale: «Il 23 gennaio abbiamo un tavolo di discussione con Salvo Di Salvo (assessore all’urbanistica, ndr) per discutere di idee comuni per la città: il tema del ripristino della legalità sarà uno di quelli di cui ci faremo promotori». Perché, secondo Salvatore Castro, il clima che si respira a Catania è quello di una netta contrapposizione: «I vigili urbani picchiati alla fierale colonnine Sostare che esplodono, adesso questo… Sembra quasi che ogni volta che qualcuno tenta di riportare la legalità qualcun altro imponga le sue regole alternative».

Il Bastione degli infetti, grazie al lavoro del comitato di quartiere, nel 2014 è stato candidato a diventare Luogo del cuore del Fai. Finita quella campagna, i suoi promotori avevano deciso di chiedere la gestione del bene, di proprietà dell’Ipab Marianna Magrì, istituto pubblico di assistenza e beneficenza attualmente commissariato dalla Regione Sicilia. «La colla nel lucchetto è una vendetta sciocca, avrebbero dovuto sapere che non sarebbe bastata a fermarci. Adesso bisogna capire se si è trattato di una provocazione isolata o di qualcosa di più serio». Intanto, conclude Castro, le attività continuano: «Per sabato prossimo è già prevista una caccia al tesoro con gli scout».


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Avrebbero dovuto partecipare a un percorso di trekking urbano, ma hanno dovuto rinunciare alla visita dell'area di via Torre del vescovo per colpa di un catenaccio rovinato. E i cittadini che gestiscono il luogo spiegano: «Sono state rimosse delle recinzioni abusive che proteggono un altare per Sant'Agata, nel quartiere credono sia colpa nostra»

Avrebbero dovuto partecipare a un percorso di trekking urbano, ma hanno dovuto rinunciare alla visita dell'area di via Torre del vescovo per colpa di un catenaccio rovinato. E i cittadini che gestiscono il luogo spiegano: «Sono state rimosse delle recinzioni abusive che proteggono un altare per Sant'Agata, nel quartiere credono sia colpa nostra»

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