Foto di Gerd Altmann

Bando idrogeno Pnrr, la Regione è in ritardo. E per la commissione d’esperti si affida alla politica

La scadenza era il 31 marzo 2023. Data entro la quale, secondo il bando emesso dalla Regione siciliana, lo stesso ente avrebbe dovuto pubblicare la graduatoria dei progetti adatti a ricevere i 40 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per impianti di produzione e stoccaggio dell’idrogeno verde in aree industriali dismesse. Un modo per dare impulso alla decarbonizzazione dove pesa di più, ma anche una mano tesa ai colossi privati dell’Isola che, davanti alla necessità di riconversione, oppongono spesso la crisi. Tradotta in crisi occupazionale, nella regione con meno lavoro in tutta Europa. Eppure, ormai archiviato marzo, non solo della graduatoria non c’è traccia, ma è arrivata solo ieri la nomina della commissione che quella graduatoria dovrebbe stilarla, dopo aver studiato i progetti. Un ritardo con più di una spiegazione. Prima tra tutte la confusione che regna al dipartimento Energia dopo il pensionamento dell’ex dirigente Antonio Martini – anima del bando per l’idrogeno, pubblicato sul filo il 30 dicembre – e sostituito ad interim con due colleghi diversi in due mesi: prima Gaetano Sciacca, a fine gennaio, e poi Maurizio Costa, il 23 febbraio. Ma a pesare è anche la ricerca degli esperti per la commissione, chiamati a prestare la loro consulenza «senza alcun onere aggiuntivo». Cioè, gratis.

Praticamente un favore, per portare a casa il risultato. Nello specifico, da bando, prima di tutto la necessità di designare «cinque componenti, di cui almeno tre con comprovata competenza ed esperienza in materia energetica». Una cinquina disposta dal dirigente il 29 marzo, ma modificata l’indomani e fissata in un documento in cui si prescrivono anche i tempi del lavoro del gruppo: una prima riunione entro dieci giorni per insediarsi e poi un massimo di 15 giorni per valutare i progetti e stilare la graduatoria. Tempi stretti che tengono conto del ritardo accumulato. A occuparsi di dover organizzare il primo incontro è il presidente della commissione, Rosario Lanzafame, docente di Sistemi per l’energia e l’ambiente all’università di Catania e componente della partecipata regionale Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia. Unico nome che figurava già nel tavolo regionale per l’idrogeno voluto dall’ex governo di Nello Musumeci: istituito ma mai riunito. A non figurare in quell’elenco, ma chiamato oggi a valutare le proposte al bando, è invece un altro tecnico del settore: Francesco Cappello, ingegnere, responsabile del centro di consulenza energetica siciliano per Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile.

A cambiare in corsa è stato invece il nome di Carmen Toro, avvocata, candidata al Consiglio comunale di Catania nel 2018 a sostegno di Salvo Pogliese e, sotto la sua sindacatura, consulente della partecipata comunale Sidra. Sostituita da Giovanni Francesco Fidone, meglio noto come Gianfranco, anche lui avvocato, esperto in diritto amministrativo, già consulente dell’ex presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè e al momento candidato sindaco ad Acate, nel Ragusano. Corsa che nelle scorse settimane ha incassato il sostegno del deputato Danilo Lo Giudice di Sud Chiama Nord. Altro nome catanese in commissione è invece quello di Marina Galeazzi, architetta, ha lavorato per un’azienda lombarda di impiantistica, anche nel settore delle rinnovabili. Già dirigente del Comune di Catania e capo di gabinetto durante la sindacatura di Raffaele Stancanelli, si è occupata della direzione Politiche per l’ambiente, il verde e l’Energia, ma il suo nome è legato più al verde pubblico e, nello specifico, al restauro del Giardino Bellini avvenuto anche in quel caso con fondi europei. E tra mille polemiche – da una petizione popolare contro il progetto al rischio di dover restituire i soldi -, culminate nell’invio delle carte in procura da parte dello stesso sindaco per una «operazione trasparenza». Polemiche che sono toccate anche al collega Sebastiano Alesci, architetto di Licata, funzionario del Comune di Aidone, nell’Ennese, in prestito a ore al suo Comune di nascita. Durante il suo lavoro nell’amministrazione di Ravanusa, nell’Agrigentino, Alesci era a capo dell’ufficio tecnico incaricato della ricostruzione dopo l’esplosione che provocò nove morti a dicembre 2021. Lavoro non semplice, a cui si aggiunsero le critiche della commissione speciale creata in Consiglio comunale per gestire l’emergenza, i cui consiglieri lamentavano l’assenza dell’ufficio tecnico agli incontri richiesti.


Dalla stessa categoria

I più letti

Giustizia per Emanuele Scieri

«Ricordate che in tutti i tempi ci sono stati tiranni e assassini e che, per un certo periodo, sono sembrati invincibili, ma alla fine, cadono sempre, sempre». È da un aforisma del mahatma Gandhi che ha preso spunto l’avvocata Alessandra Furnari nella sua discussione durante il processo per l’omicidio volontario aggravato di Emanuele Scieri, il parà siracusano 26enne in servizio militare trovato cadavere nell’agosto del 1999 […]

«Una macchina di imbrogli e di sotterfugi manzoniana che si è sviluppata sull’esigenza di un costrutto che doveva raccontare un’altra versione dei fatti». Così il procuratore di Pisa Alessandro Crini ha definito la ricostruzione da parte dell’esercito di quanto accaduto all’interno della caserma Gamerra nell’agosto del 1999 nel corso della sua requisitoria a cui è […]

Catania archeologica, l`occasione mancata

In una nota protocollata al Comune etneo a metà gennaio l'associazione di piazza Federico di Svevia chiede di gestire il bene del XII secolo, abbandonato, per garantirne «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità». Adesso interrotta dal cambio del lucchetto del cancello da cui vi si accede e dalle divergenze con uno degli abitanti, che risponde: «C'era il rischio per la pubblica incolumità»

I processi a Raffaele Lombardo