Il tennis ha la sua nuova regina. Non sarà come le principesse delle fiabe ma viene da un paese lontano, è bionda, ha le trecce e tira dritto e rovescio accompagnandoli con urla in grado di terrorizzare anche il più cattivo dei mostri che infestano le foreste. Maria Sharapova non è certo uno di questi, ma è stata letteralmente fatta a pezzettini da Victoria (nomen omen?) Azarenka. La finale degli australian Open è durata una mezzoretta, fino al 3 pari del primo set.
Partiva forte la Sharapova, conquistava il break e si portava sul 2-0 e 0-30 con l’Azarenka al servizio. Lì, la partita è finita, ha ingranato la quarta, ha vinto 12 giochi su 13 e tutti gli ultimi 9, e la sua avversaria l’ha rivista soltanto al momento di stringerle la mano. Non che si sia arresa la Sharapova, ha sbuffato e lottato, ma troppo debole il suo servizio per consentirle di rimanere in partita. I numeri sulla seconda sono deficitari, non è riuscita a ottenere neanche un punto su 5, e anche sulla prima ci sono stati grossi guai, con percentuali di poco superiori al 50 per cento.
Ma ha poco senso aggrapparsi ai numeri per una partita che non c’è stata e che è davvero difficile raccontare. Così i pochi momenti emozionanti sono stati fuori dal campo. Come quando Julia Gillard, la prima donna ad essere il capo del governo australiano, quando la Sharapova ha scaraventato in rete l’ennesimo dritto portando la Azarenka sul 4-0 del secondo set, non ha potuto evitare uno sconsolato gesto di disappunto. E soprattutto quando la Azarenka, osservata la pallina della siberiana infrangersi per l’ultima volta nella rete, è crollata sulle gambe, lasciando cadere la racchetta e allargando le mani, incerta se portarle al volto per nascondere le lacrime che non si decidevano a spuntare. L’incredulità seguente, gli abbracci al team, le imbarazzate dichiarazioni con il trofeo in mano, sarebbero anche stati coinvolgenti se non fosse che queste scene si ripetono da troppi anni per poter essere ancora seguite con grande attenzione.
Rimane la sensazione di un torneo non eccezionale. Del resto, nel tennis contemporaneo, le ragazze giocano più o meno tutte allo stesso modo e, alla fine, la più potente vince. La sorpresa può essere dovuta a cause psicologiche, a turbamenti dai quali la nuova numero uno del mondo non era stata esente fin qui. Ma se la testa è sgombra e il braccio fila liscio, una come la Azarenka non verrà scalzata tanto facilmente dal primo posto della classifica mondiale. La speranza di evitare un monologo è da riporsi in un recupero fisico della giovane Kvitova, l’unica che ha un braccio capace di far male quanto quello della bielorussa, che però non può permettersi di presentarsi ad un torneo dello slam così sovrappeso.
Sperare invece nella più giovane delle Williams è sempre più complicato, considerata l’età e soprattutto il fatto che sembra in altre faccende affacendata. La Sharapova, a 24 anni, non è certo un ex ma nche se nasconde un temperamento da belvetta, quasi come la Seles, dietro i lineamenti aggraziati, la siberiana ha nel servizio un problema che sembra insormontabile, diretta conseguenza dell’infortunio alla spalla che l’ha tenuta per un anno lontana dai campi. Da gran lottatrice qual è, se l’avversaria mostra un segno di cedimento è pronta ad approfittarne ma purtroppo per lei sono sempre di più quelle in grado di batterla.
Insomma, ci aspettano temi non troppi luminosi per il tennis femminile e purtroppo anche quello maschile comincia a darci qualche pensiero. Domani si ripeterà per la terza volta di fila in un torneo dello slam, la finale tra il numero 1 del mondo, Djokovic, e il numero 2, Nadal. Fosse un confronto di stili diversi, pazienza. Non ci siamo stancati di Borg e Mc, né di Lendl e Becker o di Sampras e Agassi e al limite di Federer e lo stesso Nadal. Ma i due giocano praticamente allo stesso modo e l’unica incognita riguarda le condizioni fisiche di entrambi. Se stanno bene allo stesso modo vince Djokovic, anche se il serbo non è più quell’incredibile schiacciasassi dei primi mesi dell’anno scorso. Se invece il numero uno del mondo mostrerà di risentire della maratona con Murray, Nadal ce la farà a portare a casa il suo undicesimo slam. Come dicevamo già ieri, l’unica speranza è che i due riescano a darci qualche emozione, magari prima della premiazione. Oggi è andata male, ma domani è un altro giorno.
Finale femminile: Azarenka b. Sharapova 6/3 6/0
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