Augusta, lo spaccio di cocaina gestito a credito, con minacce e aggressioni

Cocaina e crack. Sono queste le due le sostanze stupefacenti su cui avrebbero puntato tutto i componenti di un gruppo che ad Augusta, in provincia di Siracusa, avrebbe pensato a tutte le fasi: dal trasporto al confezionamento fino allo spaccio e al traffico. Undici di loro adesso sono finiti indagati (tre in carcere, uno ai domiciliari, un obbligo di dimora e sei indagati in stato di libertà) nell’ambito dell’operazione antidroga Crack point. Stando a quanto è stato ricostruito finora nel corso delle indagini, il gruppo avrebbe gestito un’imponente piazza di spaccio in contrada Scardina, nel complesso delle palazzine popolari nella cittadina megarese. Nei casi in cui le vittime non sarebbero riuscite a saldare il debito, gli indagati sarebbero arrivati a minacciarle e picchiarle. Il tutto con l’aggravante del metodo estorsivo commesso da più persone.

Nel corso delle attività di indagine, sono stati sequestrati 150 grammi di cocaina, 10.000 euro in contanti, quattro carte di reddito di cittadinanza (usate a titolo di garanzia), due libri mastro con i crediti della droga annotati, materiale utilizzato per il confezionamento delle dosi di sostanze stupefacenti e bilancini di precisione. Servizi di osservazione e intercettazioni hanno permesso agli inquirenti di ricostruire il circuito di approvvigionamento e spaccio. Nel corso delle indagini, è emerso che un ruolo di particolare importanza sarebbe stato rivestito da una donna di 60 anni: sarebbe stata lei a gestire dentro la propria abitazione un vero e proprio laboratorio e centro di spaccio. Ricevuta la cocaina, la 60enne avrebbe provveduto a lavorarla per trasformala in crack e cedere le singole dosi agli assuntori, a credito o dietro corrispettivo. In alcuni casi, la droga sarebbe stata anche direttamente consumata a casa della donna. Prassi da cui è derivato il nome Crack point dato all’operazione antidroga.

In tutte queste attività, la donna ritenuta al vertice del gruppo si sarebbe avvalsa dell’aiuto stabile di alcuni collaboratori – gli altri finiti indagati – che avrebbe seguito tutte le indicazioni da lei fornite. Stando a quanto emerso, la sostanza stupefacente sarebbe stata trasportata da Catania ad Augusta e a concordare poi il prezzo sarebbe stata proprio la 60enne. Sempre lei avrebbe fornito ai suoi più stretti collaboratori tutte le direttive su dove andare ad acquistare la droga e su quali itinerari percorrere per evitare i controlli da parte delle forze dell’ordine. Il giro d’affari sarebbe stato in media tra i 200 e i 250 grammi a settimana. Tutto il ricavato sarebbe poi finito nelle casse della donna, mentre i suoi collaboratori sarebbero stati pagati con una dose di droga per i servizi svolti.

Nel corso delle indagini, è inoltre emerso che in alcuni casi la droga sarebbe stata venduta a credito ai clienti. Probabilmente con l’obiettivo di fidelizzarli. I crediti sarebbero poi stati annotati nei libri mastro per essere poi successivamente recuperati. Per i creditori insolventi la donna si sarebbe servita dei collaboratori che avrebbero provato a ottenere i soldi con minacce e atti di violenza. In certi casi, invece, la donna avrebbe trattenuto come pegno le carte del reddito di cittadinanza dei clienti che non avevano saldato il debito. In piena notte, insieme a un collaboratore, la 60enne sarebbe poi andata al postamat più vicino per prelevare con ogni carta il massimo possibile evitando che i clienti insolventi potessero sperperare il denaro che le spettava.


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