Dopo undici anni si conclude la vicenda scaturita dal blitz della squadra mobile. Nove anni per il vertice della cosca, finito al centro delle cronache per essere ritenuto il vero proprietario della discoteca Empire. La stessa dove il Comune di Catania aveva inaugurato l'evento culturale La strada degli artisti
Atlantide, condanne definitive dopo Cassazione Carcere per il capomafia dei Pillera Nuccio Ieni
Ci sono voluti undici anni per scrivere la parola fine dopo il blitz Atlantide della squadra mobile di Catania, scattato a giugno 2006. Adesso, dopo l’esito della corte d’Appello, è arriva la pronuncia della corte di Cassazione che rende definitive le condanne. Tra i nomi di spicco c’è quello di Giacomo Nuccio Ieni, per lui nove anni di carcere, ritenuto dagli inquirenti, e adesso anche dai giudici, uno dei vertici del clan mafioso dei Pillera-Puntina di Catania. In manette sono finiti pure Silvio Battaglia e Riccardo Romano Di Mauro, affiliati allo stesso gruppo e accusati di associazione mafiosa. Per loro la pena comminata ammonta a sei anni.
A fine marzo dello scorso anno era arrivato il responso dei giudici di secondo grado, che avevano ribaltato del tutto l’esito del primo processo conclusosi con una pioggia di assoluzioni. Ieni, conosciuto nel panorama criminale locale con il nomignolo di ‘u Mattuffu, ha occupato per settimane le pagine delle cronache locali per il caso Empire. La discoteca finita sotto sequestro a ottobre 2015, e affidata a un amministratore giudiziario perché ritenuta riconducile al boss dei Pillera, ma in passato intestata alla presunta testa di legno Mimmo Di Bella. Quest’ultimo era stato immortalato nei locali dell’attività commerciale insieme al sindaco Enzo Bianco e all’assessore alla Cultura Orazio Licandro durante l’inaugurazione dell’evento La strada degli artisti.
Ad accusare Ieni sono stati anche diversi collaboratori di giustizia. Che hanno dipinto ‘u Mattuffu come un personaggio «esuberante» che «spesso si faceva vedere in giro con personaggi della malavita», raccontava di lui il pentito Gaetano D’Aquino. Il vertice dei Pillera avrebbe avuto un occhio di riguardo anche per gli affari, in modo particolare per quanto riguarda discoteche e ristoranti. «Era il titolare del Baretto di via Manzoni ma aveva discoteche e ristoranti, alcuni dei quali gestiti con i Prestipino», raccontava il collaboratore di giustizia Eugenio Sturiale.
Dopo il sequestro del locale Empire Ieni era finito in carcere perché voleva sfuggire alle forze dell’ordine. La polizia voleva notificargli alcuni provvedimenti ma il boss si era reso protagonista di una spericolata fuga per le vie del centro, poi conclusa in piazza Verga, nei pressi del palazzo di giustizia. A fargli compagnia in quell’occasione anche Giacomo Mario Davide Bonfiglio, pregiudicato, che era alla guida del Nissan Qashqai. Quest’ultimo è morto recentemente in un incidente stradale in via Acquicella Porto, mentre si trovava a bordo di una moto di grossa cilindrata. La sua bara, prima della tumulazione, era stata accompagnata proprio al Baretto di via Manzoni, a pochi metri dai locali della questura. Una sosta che aveva portato il vertice della polizia etnea, Giuseppe Gualtieri, a disporre la chiusura dell’attività commerciale per sette giorni.
Dopo il blitz Atlantide Ieni era finito in carcere al 41bis ma poco dopo per lui si erano riaperte le porte di casa. Nel 2009 infatti gli era stata diagnosticata una grave depressione che imponeva una misura alternativa a quella del carcere duro. Una decisione che aveva suscitato tanto scalpore negli uffici della procura di Catania, allora guidata dal procuratore capo Vincenzo D’Agata.