Associazione a delinquere per dieci ultras Le indagini partite dopo il derby del 2007

Torna come un’ombra il tragico derby del 2 febbraio del 2007. La notte in cui morì l’ispettore di polizia Filippo Raciti è all’origine dell’indagine che porta oggi alla condanna in primo grado di dieci ultras del Catania, in particolare del gruppo della curva Nord A.N.R. (Associazione non riconosciuta) per il reato di associazione a delinquere finalizzata al contrasto violento delle forze dell’ordine in occasione delle partite di calcio. Vengono ritenuti colpevoli di resistenza pluriaggravata a pubblico ufficiale, lesioni personali, porto e detenzione di armi improprie e di materiale esplosivo, lancio di materiale pericoloso e possesso di fuochi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive.

Alle dieci condanne si aggiungono tre assoluzioni. Le indagini, partite all’indomani degli scontri del derby contro il Palermo hanno fatto luce sulle attività del gruppo nei sette anni precedenti, a partire dal 2000. Grazie anche a intercettazioni telefoniche e ambientali, è stata provata l’esistenza di un vero e proprio vincolo associativo con caratteristiche e prassi precise. I dieci condannati sono Vito Agliozzo  e Santo Sciuto (1 anno e 10 mesi), Sebastiano Barbagallo, Agostino Compagnini, Marco Lento, Lorenzo Marchese (tutti a due anni e due mesi), Giovanni Rita Calvagna (due anni e sei mesi), Mario Razzano (1 anno e sei mesi), Damiano Sciuto e Giuseppe Siscaro (quattro anni e due mesi). Di età compresa tra 31 e 40 anni.

Tutti, secondo i giudici, hanno partecipato alle violenze del 2 febbraio del 2007 e, a seguito degli arresti della polizia, hanno messo in piedi una rete di mutuo soccorso, con raccolta fondi per sostenere le spese legali delle famiglie, «con metodo – precisa la Procura – per molti versi del tutto analogo quello mafioso». Ma non solo: il gruppo ha preso parte a episodi di violenza a partire dal 2000 in occasione di altre partite del Catania, anche in trasferta. Esisteva un preciso schema organizzativo delle violenze, con alcune figure di capi. Alla base «l’odio viscerale e incondizionato nei confronti delle forze dell’ordine, viste quale principale nemico da combattere con la violenza con ogni mezzo ed in ogni occasione, predisponendo per l’obiettivo mezzi ed uomini, un odio solo occasionato dal tifo calcistico».

Sono stati assolti per non aver commesso il fatto Giuseppe D’Allotta, Alain Di Stefano e Danilo Patrizio.

Redazione

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