Il lungo percorso per avere gratis la cannabis terapeutica  «Il proibizionismo è finito. Spero di essere solo la prima»

La storia è lunga è travagliata. Per essere la prima donna a ricevere della cannabis per uso terapeutico da un ospedale pubblico in Sicilia, Loredana Gullotta ha dovuto affrontare un percorso difficile. Una vicenda che ha inizio nel 2004, quando le viene diagnosticata la sclerosi multipla. «Vivevamo a Reggio Calabria – racconta Gullotta a MeridioNews – Nel 2005, abbiamo conosciuto il centro neurolesi Bonino Puleio di Messina, dove ho iniziato le terapie con farmaci tradizionali, prima il Rebif a diversi dosaggi, poi il Texidera». Punture su punture che, però, non sortivano gli effetti sperati. «D’estate dormiva con i piumoni, sentiva freddo, era bloccata e irrigidita – spiega la figlia della donna, Andrea – Non riusciva nemmeno ad alzarsi dal letto per andare in bagno». E poi c’erano gli effetti collaterali e il dolore, che non si attenuava. 

Nel 2017, a Loredana Gullotta viene prescritto per la prima volta un farmaco a base di cannabis. «Era solo un grammo e mezzo. Ai tempi non c’era nessun decreto, nessuna convenzione, non si parlava di cannabis terapeutica – racconta la signora – L’abbiamo trovato in una farmacia dove ne avevano pochissimo, ma poi non ne è più arrivato». Per Gullotta il calvario continua tanto che, l’anno dopo durante una visita alle sorelle in Piemonte, finisce in ospedale. «Sono arrivata in pronto soccorso con 187 di pressione causata dai dolori. Tutte le farmaciste mi parlavano delle doti terapeutiche della cannabis, ma nessuno aveva una convenzione. Nonostante avessi una prescrizione da 12 grammi dai medici dell’ospedale di Orbassano (Torino, ndr), non sono mai riuscita a trovarli».

Una svolta nella storia di Loredana arriva poco dopo quando, tornata in Sicilia, conosce l’associazione BisTer di Catania, che le è stata accanto durante le sue battaglie per potere ottenere i farmaci. Farmaci che, quando si riescono a trovare, hanno dei prezzi esorbitanti. Nel 2020, a settembre, tre grammi di farmaco a base di cannabis, sono costati 82 euro: «Il decreto per la gratuità della cannabis ai malati di sclerosi già era in vigore, ma abbiamo dovuto pagarla lo stesso, perché non c’era la convenzione – spiega Andrea – Mia mamma non poteva fare fisioterapia, era indurita. Poi il lockdown per noi è stato molto difficile». 

L’ultima prescrizione per farmaci a base di inflorescenze di cannabis è arrivata a fine 2020: 90 grammi in totale, due differenti farmaci. Uno per affrontare la giornata, l’altro per riuscire a trovare riposo la notte. Di questi due, solo uno è stato erogato in forma gratuita dall’ospedale. «Un grande passo – continua Andrea – ma vogliamo avere anche gli altri 45 grammi. Con questo sistema di prescrizioni, dobbiamo avere la forza di resistere».

«Questa pianta ha la forza di calmare i dolori – ribatte Loredana – Vorrei essere la prima di tanti altri. Vorrei che con me ci fossero altri malati a combattere questa battaglia. Bisogna farsi avanti e non rinchiudersi in casa, ma muoversi e reagire, anche per fare aggiungere altre patologie a quelle comprese nel decreto, anche per uso veterinario. Ormai non è più neanche una sostanza stupefacente, come è stato dichiarato dall’Onu (che nel 2020 ha tolto la cannabis dall’elenco delle droghe per inserirla in quello delle sostanze terapeutiche, ndr), È finito il periodo di proibizionismo». Al momento, Loredana riesce a convivere agevolmente con i dolori e a riposare anche per nove ore a notte. 

«I farmaci erano devastanti – conclude – mi hanno fatto arrivare a essere farmacoresistente. Neanche la semplice bustina per il mal di testa mi fa più effetto. Con la cannabis la mia vita è migliorata di gran lunga. Senza avere nessun effetto collaterale, riesco a fare tanto. L’anno scorso, quattro giorni dopo l’uscita del decreto, sono stata ricoverata per la riabilitazione per una frattura alle vertebre dopo una caduta. I fisioterapisti hanno notato che quando facevo questa terapia, prima di andare in palestra, la mia fronte si avvicinava facilmente alle ginocchia. Ero più distesa, meno contratta. E se non la usavo se ne accorgevano». 


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