Rifiuti, il piano per arrivare all’impiantistica pubblica Pierobon: «Ombre su privati? Spetta alle procure»

«Il percorso è labirintico, con indicazioni geroglifiche che vanno tradotte e comprese nell’insieme dei pezzi». La riflessione arriva alla fine di una quarantina di pagine in cui si parla di spazzatura. A firmare la relazione presentata in commissione Ambiente è l’assessore Alberto Pierobon. L’uomo giunto dal Veneto a febbraio 2018 per mettere fine all’emergenza in un’isola in cui la normalità in fatto di rifiuti non si era mai vista. E a oggi, per quanto le ordinanze straordinarie del presidente della Regione non si rinnovino più ogni sei mesi, la situazione generale resta deficitaria: stando alle previsioni, il 65 per cento di differenziata verrà raggiunto entro il 2023. Obiettivo che l’Unione europea aveva fissato per il 2012.

Fra i traguardi principali che il governo Musumeci si è posto c’è la riforma di un settore pesantemente condizionato dall’arretratezza dell’impiantistica pubblica e, molto spesso, dalle infiltrazioni della criminalità organizzata. E se il contrasto dei clan spetta alle procure, la pianificazione chiama in causa la Regione. In tal senso, l’attesa è per il ddl di riforma che a novembre è stato stoppato all’Ars e per il piano regionale di gestione che, dopo l’iter in commissione Via-Vas, a sala d’Ercole deve ancora arrivarci. 

«La dislocazione degli impianti, come rinvenuta dall’attuale governo regionale, non garantisce una omogenea distribuzione nel territorio», ricorda Pierobon. Per poi aggiungere che «sebbene la potenzialità impiantistica appaia,
seppur di misura, coerente con gli attuali e mutevoli fabbisogni regionali, l’attività programmatoria – non di
rado – sconta (e si scontra con) una sorta di pressapochismo». Parlando di impianti pubblici, a pesare al momento più di tutti è la scarsità di impianti per il trattamento della frazione organica, ma l’attenzione è rivolta anche alle discariche

COMPOSTAGGIO E DISCARICHE
Il cronoprogramma della Regione prevede nei prossimi due anni un aumento delle capacità. Sul fronte compostaggio i primi ad aprire dovrebbero essere i siti di Sciacca (il 30 luglio) seguito a settembre da Castelvetrano, Calatafimi e Vittoria. L’anno prossimo, invece, dovrebbe toccare a Ravanusa, in estate, e a dicembre a San Cataldo. Ad aprile 2022 dovrebbe poi essere avviato l’impianto a Casteltermini. Altri dieci siti – per un totale di oltre 258mila tonnellate all’anno – sono in agenda ma, al momento, senza una data di avvio. La situazione delle discariche ha la propria cifra chiave nella volumetria disponibile. Ammonta, infatti, a poco più di tre milioni di metri cubi lo spazio per abbancare rifiuti indifferenziati. Una capacità che dovrebbe saturarsi nell’arco di due anni e mezzo. Da tenere in conto però c’è la prossima apertura del sito a Gela e, per il 2021, la possibilità di tornare a conferire a Sciacca e Trapani.

LA SCELTA DEI LUOGHI
Tra i principali problemi che contraddistinguono la progettazione pubblica c’è senz’altro quello dell’individuazione dei posti dove costruire gli impianti. A occuparsi della loro localizzazione dovrebbero essere le Srr. «Le Province devono
privilegiare le aree industriali, le zone urbanisticamente previste», si legge nel documento. Dove si ricorda che le scelte dovranno tenere conto dei vincoli paesaggistici, archeologici, ambientali e della pericolosità idrogeologica. Nei mesi scorsi, la Regione Siciliana ha nominato commissari ad acta per sostituirsi ai vertici delle Srr, così da velocizzare l’individuazione delle aree dove fare sorgere gli impianti. Compiti spesso gravosi per la politica locale

I SINGOLI TERRITORI
Guardando alle province, le situazioni – tenendo conto delle proiezioni al 2023 in termini di impianti da realizzare e di stime sulla differenziata – sono diverse. Ad Agrigento si prevede che sarà possibile trattare 96mila tonnellate di organico all’anno a fronte di un fabbisogno di 47mila, mentre le nuove vasche delle discariche dovrebbero garantire un’autosufficienza per l’indifferenziato di sei-otto anni. A Caltanissetta, la capacità delle discariche dovrebbe spingere in là di vent’anni il momento della saturazione, mentre l’umido che sarà possibile trattare sarà quasi doppio rispetto alle esigenze della provincia.

Delicata la situazione nel Catanese. Nella zona di Pantano d’Arci è stata trovata un’area per la realizzazione di un impianto di compostaggio da 30mila tonnellate all’anno, mentre nulla è stato fatto per quanto riguarda la discarica pubblica. «Si esprime preoccupazione sull’evoluzione della raccolta differenziata nel territorio comunale di
Catania, considerando che a gennaio è andata deserta – ancora una volta – la gara settennale», ricorda Pierobon. Qualche passo avanti potrà arrivare dalla partenza del servizio di differenziata in quaranta grandi condomini e dall’eliminazione di cento cassonetti lungo la circonvallazione. Situazione migliore a Messina che «ha avviato una virtuosa
inversione di tendenza», con la differenziata che è cresciuta durante il lockdown. A Palermo, l’assessore ricorda che il porta a porta è partito in circa metà città, con quattro centri di raccolta avviati e altri quattro in programma. Guardando invece alla provincia, nella relazione si sottolinea che, dedicando la discarica di Bellolampo soltanto ai rifiuti del capoluogo, l’impianto di Castellana Sicula risulterà insufficiente a soddisfare i comuni dell’hinterland.

Tra le altre province spicca Enna che, grazie alla discarica di Cozzo Vuturo, ha davanti venti anni di attività, mentre al momento non ci sono impianti di compostaggio. Nel Ragusano le previsioni dicono che il trattamento dell’umido supererà di cinquemila tonnellate all’anno il fabbisogno. Poi c’è la provincia di Siracusa, il territorio in cui ricade l’immensa discarica privata gestita dalla famiglia Leonardi: qui né Srr e né commissario ad acta hanno per ora individuato un terreno per costruirci una discarica pubblica che faccia concorrenza alla Sicula Trasporti. Dal canto loro, i Leonardi puntano a realizzare il primo inceneritore dell’isola per i rifiuti urbani. A Trapani, infine, i lavori sugli impianti di compostaggio e sulle nuove vasche della discarica del capoluogo dovrebbero garantire l’autosufficienza per un periodo medio-lungo.

LE OMBRE E LE AUTORIZZAZIONI
Nella relazione, Pierobon tocca anche un tema delicato: gli iter autorizzativi che, negli ultimi anni, hanno incrociato anche le pressioni dei privati. Attirando le attenzioni dei magistrati e della commissione regionale Antimafia. «Si è inteso mettere ordine e trasparenza, ma si è, altresì,
inteso responsabilizzare i dirigenti in ordine alle istanze da esaminare secondo criteri di interesse pubblico,
non certo rimessi alla libera discrezionalità (ancorché tecnica) dei medesimi responsabili – scrive Pierobon -. Il fatto che con la occasione del Piano siano state censite le istanze pendenti ha consentito di rendere
“visibile” quanto era “invisibile” (nei cassetti degli uffici)».

Tuttavia, l’assessore smorza sul nascere le aspettative di chi pensa che la politica possa intervenire a priori nel definire il palcoscenico in cui si muovono i privati. Infatti, se da una parte specifica che il governo «ha
ritenuto fondamentale fornire utili criteri per riordinare le iniziative pendenti in un’ottica improntata all’efficacia, alla
trasparenza e alla coerenza; al fine di evitare di assistere a un indiscriminato rilascio di autorizzazioni col rischio di uno sviluppo
di impiantistica incoerente e del tutto avulsa dalle necessità regionali»; dall’altra, ammette che l’obiettivo è anche quello di evitare di «esporre la pubblica amministrazione ad azioni giudiziali di coloro che, paventando ostacoli alla loro libera iniziativa
economica, avevano una legittima aspettativa affinché le istanze presentate venissero esaminate, agitando
richieste risarcitorie milionarie al cospetto di ogni inerzia o ritardi dell’amministrazione».

All’origine dei problemi ci sarebbe la mancanza di una norma che preveda la sospensione dei procedimenti in attesa dell’approvazione del piano regionale. «In assenza di adeguata copertura legislativa che legittimi la sospensione dell’iter procedimentale
in atto, è da escludersi che le amministrazioni procedenti possano
assumere autonome iniziative in tale senso
», ammette Pierobon. Che poco dopo specifica, però, che non significa che «le istanze pendenti saranno avulse da ogni riscontro sulla rispondenza agli interessi
pubblici, ma semplicemente che dovranno essere apprezzate in conformità alla
disciplina vigente
».

E il discorso vale anche in occasione di notizie riguardanti inchieste della magistratura o sentenze penali. «L’organo politico, sulla scorta di una sensazione, non può (e non deve) essere indebitamente ingerente nelle prerogative proprie dell’apparato burocratico, deputato alla valutazione di percorsi amministrativi – afferma Pierobon – L’amministrazione, a propria volta, non può (e non deve) abbandonarsi a valutazioni discrezionali che prescindano dall’applicazione delle norme che regolano le procedure e dagli indirizzi e atti pianificatori. L’autorità giudiziaria, dal canto proprio, ha il potere di incidere, anche in via preventiva, per limitare o interrompere la propagazione degli effetti degli eventuali reati contestati».


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