I dubbi sul progetto dei Moncada per produrre biogas Difformità tra documenti, ma Legambiente è favorevole

Numeri che traballano, tecnologie che da un documento all’altro sembrano sparire, e materie prime che invece, dopo essere state accantonate, tornano protagoniste. Sono gli elementi che caratterizzano il discusso iter che, a Sciacca, sta accompagnando il progetto della My Ethanol, società legata alla holding delle rinnovabili Moncada Group

Al centro della disputa, che nei giorni scorsi è stata oggetto di un’audizione in commissione Ambiente all’Ars, è l’ampliamento della distilleria ex Kronion. Moncada punta a sfruttare lo stabilimento durante l’intero arco dell’anno, e per farlo vorrebbe estendere la materia prima trattata. Non più soltanto la tradizionale vinaccia, ma anche melasso di barbabietola, pastazzo di agrumi e materiale cellulosico derivante da scarti industriali. Quest’ultimo, in un primo tempo, sembrava dovesse sostituire – su richiesta della stessa My Ethanol e con l’assenso dell’Ufficio territoriale ambiente (Uta) del Libero Consorzio – il melasso e il pastazzo. Nei mesi scorsi, però, quando la società ha depositato i documenti inerenti la richiesta di procedura abilitativa semplificata (Pas) – un altro tipo di autorizzazione da presentare al Comune – le materie prime erano tutte presenti.

Ma i timori dei cittadini della contrada Scunchipani riguardano anche altri aspetti. Peraltro più preoccupanti. Il progetto presentato dai Moncada, che l’anno scorso ha ottenuto dal Libero consorzio l’autorizzazione unica ambientale (Aua), prevede sia la produzione di biogas da allacciare alla rete di distribuzione che quella di syngas, ovvero gas di sintesi prodotto dalla gassificazione. Quest’ultimo in uno dei grafici allegati al progetto è citato nella quantità di 3000 metri cubi standard all’ora, un dato che ha allarmato i cittadini. Come detto, però, a contribuire ad alimentare le perplessità è la poca chiarezza che a oggi ha circondato questa storia: «Uno dei tanti aspetti che non quadrano riguarda i contenuti della Pas – commenta Mario Di Giovanna, portavoce del comitato cittadino -. In quel documento non si parla più di syngas, ma entra in gioco un processo di compostaggio dalla capacità di 40mila tonnellate all’anno, ovvero decisamente più grande dell’impianto già presente nel nostro territorio. Di fronte a queste discrasie, ci chiediamo se realmente le autorizzazioni sin qui rilasciate siano valide ma anche se l’interesse principale della società non sia quello di investire nel trattamento dei rifiuti».

Le lacune rilevate nel progetto, difeso da Moncada al netto di qualche presunto refuso contenuto nelle indicazioni delle quantità di materie da trattare, sono state inserite in una relazione di una cinquantina di pagine presentata in commissione Ambiente. A presenziare quel giorno c’era anche la sindaca Francesca Valenti, che dal principio ha dichiarato di volerci vedere chiaro e per questo ha commissionato un parere tecnico a un’esperta in cui si sottolinea il potenziale impatto ambientale del sito. 

Chi invece sembra non nutrire alcun dubbio sulla bontà dell’iniziativa è Legambiente. L’associazione, presente all’audizione con una propria referente, si è detta a favore del progetto di produzione di biogas, sottolineando come esso risponda al principio di economia circolare. «Questa posizione di pregiudiziale favore per le iniziative imprenditoriali della stessa natura dell’impianto proposto dalla My Ethanol comporta la scelta che come Legambiente abbiamo fatto da tempo, cioè quella di combattere l’atteggiamento psicologico conosciuto come sindrome Nimby (dall’inglese not in my back yard, non nel mio giardino, ndr) che a nostro modo di vedere costituisce invece il migliore alleato degli inquinatori che lo sfruttano per continuare – conclude Legambiente – a sostenere che la tutela ambientale è inevitabilmente alternativa allo sviluppo economico».


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