Gela, clan Rinzivillo dietro l’ascesa degli imprenditori Luca Milioni riciclati nella vendita di auto di lusso e di immobili

I soldi del clan Rinzivillo di Cosa Nostra dietro la scalata imprenditoriale della famiglia Luca. A Gela un’indagine partita nel 2014 porta oggi all’arresto di tre imprenditori e a misure cautelari per altre quattro persone. Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, negli ultimi 20 anni le attività commerciali dei Luca – nel settore immobiliare e delle auto di lusso – sarebbero state caratterizzate da «contiguità mafiosa». Finiscono in carcere i fratelli Francesco Antonio e Salvatore Luca, e il figlio di quest’ultimo, Rocco Luca, indagati per concorso esterno in associazione mafiosa.

Nell’ambito delle indagini – condotte dal Gico della Guardia di finanza di Caltanissetta – è emersa anche la figura di un primo dirigente della polizia di Stato, Giovanni Giudice, all’epoca dei fatti in servizio a Gela e dopo a Caltanissetta, Agrigento e Perugia, che avrebbe agevolato gli indagati. Per questo è accusato di corruzione, accesso abusivo a sistemi informatici in uso alla polizia e rivelazione di segreto d’ufficio.

La misura cautelare del divieto di dimora nelle province di Caltanissetta e Ragusa scatta anche per altri membri della famiglia Luca. Sono accusati di riciclaggio Francesco Gallo, genero di Salvatore Luca e soggetto coinvolto nella gestione di alcune imprese riconducibili alla famiglia; Concetta Lo Nigro, moglie di Salvatore Luca e rappresentante legale di diverse aziende riconducibili alla famiglia, e la sorella Emanuela Lo Nigro, considerata prestanome; e infine Maria Assunta Luca, figlia di Salvatore Luca e socia in molte aziende della famiglia.

Sequestrato un patrimonio di 63 milioni di euro, tra cui beni immobili, disponibilità finanziarie e sette aziende: Lucauto s.r.l., Car Luca s.r.l., Terranova Immobiliare s.r.l., Immobilluca s.r.l., Luca Immobiliare S.r.l, Luca Costruzioni s.r.l., Mirto S.r.l. Sigilli anche a numerose proprietà immobiliari. Tra questi anche un residence con 49 appartamenti a Marina di Ragusa e il residence di ultima generazione Albanova a Gela, molto pubblicizzato anche online. I Luca sono attivi in diverse aree della Sicilia.

«Gli accertamenti economico patrimoniali – scrivono gli investigatori – hanno dimostrato che parte
dei capitali provenienti dalle attività criminali della famiglia Rinzivillo (egemone a Gela e con ramificazioni in diverse altre parti d’Italia, soprattutto a Roma ndr) sono
stati investiti in modo organico e stabile nelle aziende della famiglia Luca,
permettendo così una compenetrazione dell’economia mafiosa con quella
legale».

Le indagini sono partite nel 2014 a seguito delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia e sono arrivate all’operazione Camaleonte di oggi che ha visti impegnati 80 militari. Secondo quanto ricostruito, i contatti risalgono già alla fine degli anni ’90, quando esponenti del clan Rinzivillo avrebbero consegnato ai Luca un miliardo di vecchie lire di provenienza illecita, da riciclare attraverso le aziende di famiglia. Grazie a queste somme si sarebbero realizzati sproporzionati investimenti immobiliari e nel settore della vendita di auto, di cui oggi i Luca sono leader a Gela. Gli imprenditori avrebbero poi esteso i loro contatti anche ad altri clan catanesi: i Mazzei, i Carateddi e i Santapaola. Secondo il Gico della Finanza, in particolare il capofamiglia Salvatore Luca si sarebbe rivolto agli esponenti di Cosa Nostra etnea «da pari a pari», stando ai toni di alcune intercettazioni. 

A supporto dell’accusa di riciclaggio i militari della Fiamme gialle hanno riscontrato apporti anomali di denaro sui conti aziendali; operazioni finanziarie realizzate
dopo svariate movimentazioni tra i numerosi rapporti bancari intestati alle
persone fisiche e giuridiche rientranti nella sfera della famiglia Luca, per ostacolare l’identificazione delle relative provviste. 

Il riciclaggio sarebbe avvenuto anche attraverso altri metodi: l’acquisto di scontrini vincenti del gioco del Lotto, così da ottenere fonti reddituali
ufficiali e pulite, e investimenti in cosiddetti beni rifugio, come
opere d’arte, cavalli, polizze vita e titoli di Stato che sarebbero stati sottoscritti da prestanome.


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