Sette aziende del settore del movimento terra e della produzione di calcestruzzo e costruzioni edili, fabbricati, terreni, veicoli, moto e rapporti finanziari. È questo il patrimonio confiscato ad Antonino Smiriglia. Guarda il video
Mafia, confisca da 4,5 milioni di euro a Smiriglia Imprenditore è ritenuto vicino al clan di Mistretta
Confisca di beni per un valore di 4,5 milioni di euro risultati nelle disponibilità dell’imprenditore di Sant’Agata di Militello (in provincia di Messin) Antonino Smiriglia. Sette aziende operanti nel settore del movimento terra, della produzione di calcestruzzo e costruzioni edili, svariati fabbricati e terreni nei territori di San Marco d’Alunzio e Sant’Agata di Militello, veicoli, moto e vari rapporti finanziari. Con lo stesso provvedimento del personale della direzione investigativa antimafia messinese, insieme al centro operativo di Catania, per Smiriglia è stata disposta anche l’applicazione della sorveglianza speciale per la durata di tre anni con l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza.
Dalle indagini della Dia sono emerse delle anomalie nel rapporto tra il reddito dichiarato dall’intero nucleo familiare di Smiriglia, dal padre Salvatore e dai fratelli Angelo e Carlo, e tutto il patrimonio accumulato nel tempo anche attraverso la costituzione di contesti societari creati ad hoc. Il noto imprenditore è ritenuto vicino alla famiglia mafiosa di Mistretta il cui esponente di vertice era il defunto Sebastiano Rampulla, considerato il rappresentante di Cosa nostra per l’intera provincia di Messina e il fratello di
Pietro, condannato all’ergastolo dalla corte di Assise d’Appello di Caltanissetta
poiché ritenuto
«l’artificiere» della strage di Capaci.
Smiriglia, pur essendo destinatario di svariate inchieste giudiziarie – Omega, Scipione,
Dionisio, Autostrada e Montagna – non ha mai subito provvedimenti di condanna
per reati associativi o connessi agli ambienti della criminalità organizzata
. Gli
atti d’indagine, però, hanno fatto emergere come l’imprenditore si «
concretamente legato alla
criminalità organizzata
attiva prevalentemente nell’area Nebroidea e Barcellonese e, in
particolare, alla famiglia di Mistretta influente lungo la fascia costiera tirrenica». Attraverso questi legami, Smiriglia
avrebbe ottenuto per le sue imprese commesse pubbliche i
cui introiti avrebbero, in parte, rimpinguato le tasche di Cosa nostra.
Inoltre, è stato documentato che l’imprenditore avrebbe anche partecipato ad alcuni summit mafiosi.
Nell’operazione
Omega, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Messina, sono state
riscontrate le relazioni di Smiriglia con
Mario Aquilia, ritenuto appartenente alla famiglia mafiosa barcellonese. Nell’attività investigativa Scipione, poi è stato
documentato un incontro di mafia, avvenuto nell’autunno del 2003 ad Aidone (in provincia di Enna) al
Casale Belmontino riferibile a Mario Giuseppe Scinardo, al quale oltre a Smiriglia hanno partecipato
alcuni tra i più importanti esponenti della criminalità organizzata messinese dell’epoca, tra cui il noto
boss
Sebastiano Rampulla, il cugino Pietro Iudicello, suo figlio Pietro e Carmelo Bisognano.
Il nome dell’imprenditore messinese torna anche nell’indagine Dionisio, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Catania. Nell’inchiesta viene accertato che Smiriglia avrebbe aperto a Castelbuono (in provincia di Palermo) un impianto di
calcestruzzo
«sotto la regia» di Bartolomeo Testa Camillo e l’autorizzazione di Sebastiano Rampulla.
Nel corso dell’indagine
Autostrada, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia
di Salerno, sono stati documentati i collegamenti tra l’imprenditore
Antonio Iovino, affiliato al
clan camorristico
Fabbroncino, e i responsabili di alcune imprese messinesi, tra le quali anche una società direttamente gestita da Smiriglia.
Nel corso dell’operazione Montagna, coordinata dalla Dda di Messina come naturale
prosieguo dell’indagine
Scipione, Smiriglia è stato raggiunto da misura
coercitiva, con la contestazione del
reato associativo mafioso per aver preso parte alle attività
della famiglia di Mistretta, con l’intento specifico di ottenere il
monopolio nella
realizzazione di grandi opere pubbliche
e, quindi, di partecipare alle più importanti gare
d’appalto.
L’imprenditore è stato poi prosciolto dai capi d’imputazione
ma ulteriori e risultanze investigative (in particolare le dichiarazioni di
collaboratori di giustizia tra cui Carmelo Bisognano) hanno portato la procura
inquirente a ipotizzare la possibile revoca della sentenza di non luogo a procedere nei
confronti di Smiriglia in quanto ritenuto contiguo all’associazione mafiosa. L’imprenditore, inoltre, è stato imputato in procedimenti penali, presso la procura di Patti, per il reato di
bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale.