L'approdo nel porto etneo avverrà domattina. Il Viminale ha fatto sapere che è stato scelto per «la presenza di centri ministeriali per l'accoglienza dei minori». Ma la decisione determina anche la Procura competente per le indagini
Sea Watch, perché è stata scelta Catania per lo sbarco Dalla macchina dell’accoglienza a quella della giustizia
Alla fine la scelta è caduta su Catania. Ancora una volta. Come fu lo scorso agosto per la Diciotti. La situazione di stallo della Sea Watch si è sbloccata oggi pomeriggio, quando il primo ministro Giuseppe Conte ha annunciato la disponibilità ufficiale di sette Paesi europei a ospitare una parte dei 47 migranti che sbarcheranno in Italia. Dopo cinque giorni ferma davanti Siracusa e dodici giorni in mare, la nave della ong tedesca battente bandiera olandese percorrerà ancora un tratto di mare per finire il suo viaggio (non prima di domani mattina). Ma perché proprio a Catania e non, ad esempio, nel porto di Siracusa, dove il sindaco aveva dato disponibilità?
C’è sicuramente un motivo di carattere tecnico. L’ultimo sbarco di migranti registrato a Siracusa risale al 2013. Da allora sono stati altri i porti della Sicilia orientale scelti per mettere in moto la macchina dell’accoglienza: Catania, Messina, Pozzallo, e la vicina Augusta. Ma nell’altro porto in provincia di Siracusa dallo scorso settembre non è più attivo l’hotspot. Su richiesta dell’amministrazione comunale a guida Movimento 5 stelle, il governo gialloverde ha chiuso il centro di prima accoglienza. Cosa che rende più complicato rendere tutti i servizi necessari all’arrivo dei migranti.
Fonti del Viminale nelle scorse ore hanno fatto sapere che il porto di Catania è stato scelto per «la presenza di centri ministeriali per l’accoglienza dei minori». I 15 minorenni rimarrebbero quindi nella città etnea, mentre i 32 maggiorenni sono destinati all’hotspot di Messina.
Ma la tormentata vicenda della Sea Watch non finirà con lo sbarco. Subito dopo si aprirà un altro capitolo, quello che vedrà in prima linea i magistrati. Da una parte gli esposti presentati dal Partito democratico e da alcune associazioni contro le autorità che hanno lasciato la Sea Watch per tanti giorni senza un porto di destinazione. Dall’altra i reati che potrebbero essere contestati all’equipaggio della nave. Il ministro Salvini nei giorni scorsi aveva parlato di approfondimenti sul comportamento della ong. Concetto ribadito poche ore fa: «Auspico che in base alla documentazione raccolta, venga aperta un’indagine per fare chiarezza sul comportamento della Ong».
Finora però a bordo della Sea Watch non è salito nessun investigatore né organo inquirente. Il reato che potrebbe essere contestato agli attivisti della ong è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un reato che si configura al momento dello sbarco sulla terraferma. E che si incardina nella Procura competente su quel territorio. In questo caso, quindi, è fondamentale la scelta del porto di destinazione. Se fosse stato Siracusa o Pozzallo, non essendo il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina un reato di competenza distrettuale, sarebbero state le Procure di Siracusa e Ragusa a doversene occupare. Essendo stato scelto Catania, invece, stanotte sul molo di Levante del porto etneo, insieme alla macchina dell’accoglienza, ad aspettare l’equipaggio potrebbero esserci anche gli investigatori inviati dal Procuratore capo Carmelo Zuccaro, che da tempo ha concentrato l’attenzione sull’operato delle ong, chiudendo però al momento solo un’indagine sul presunto smaltimento illecito di rifiuti da parte della nave Aquarius di Medici senza frontiere.